Il tentativo è di voler riprendere per filo e per segno ciò che oltreoceano i Black Keys suonano da anni.
L'intento dei Greyhound è chiaro: "Dare vita a un nuovo progetto musicale ricercando una sonorità e un groove capace di fondere tipiche tonalità blues con suoni più moderni e graffianti". Per cui, se nelle note biografiche cercano di presentare le loro influenze senza fare nomi e cognomi, dopo appena 2 ascolti del loro ep è lampante il tentativo - non sappiamo quanto (in)volontario - di voler riprendere per filo e per segno ciò che oltreoceano i Black Keys suonano da anni.
E nei fatti la band riminese riesce anche a ricreare delle atmosfere che non sfigurerebbero di fronte alle canzoni del duo americano. Il problema, però, risiede come sempre nella scelta di voler cantare in italiano e di cosa si canta, ovvero di liriche che lasciano il tempo che trovano e nulla aggiungono all'elemento "canzone". Perché va bene tutto, a cominciare dal fatto che il blues è, di per sé, il genere che si caratterizza fondamentalmente per la sua semplicità d'espressione, ma se lodevole è il tentativo di rifarsi a un genere per attualizzarlo, non si può dire lo stesso per quanto riguarda gli sforzi (mancati) nell'elaborare testi più significativi - nonostante si stia in fondo parlando di tre sole canzoni.
Insomma, in attesa di risentirli sulla lunga distanza, il consiglio è di ritrovare tutta la creatività possibile sul versante in cui ad oggi ci paiono decisamente più deboli, ovvero quello delle liriche.
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La recensione Tre di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2012-02-16 00:00:00
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