Un sound ridotto all’osso per un debutto di grande spessore, tra Pj Harvey, Nico e la no-wave.
Con quel serpente che spunta da sotto la candela votiva, il disco dei Melampus mi scruta enigmatico dalla scrivania. Al suo interno, in una foto sfumata e virata al bianco, i due componenti della band: la cantante-chitarrista Francesca “Billy” Pizzo e il batterista Angelo “Gelo” Casarubbia. Formazione essenziale, per un sound volutamente ridotto all’osso, perfettamente in linea con la sua copertina misticheggiante.
Pur non avendo le capacità divinatorie di Melampo, personaggio della mitologia greca, mi appresto all’ascolto, e dalle viscere dell’ep il primo nome che estraggo è quello di Nico. Ok, Francesca Pizzo è ancora lontana dall’inquietante sacralità della fu Christa Päffgen, ma come sacerdotessa sa il fatto suo, arrivando a ipnotizzare naturalmente l’ascoltatore, senza l’ausilio di particolari artifici. Questa capacità è particolarmente evidente nell’ultima traccia, la dolente e strascicata “Double Room”, quasi dieci minuti di catarsi, tutta giocata sull’eco delle voci e il riverbero della chitarra.
Fa capolino anche la PJ Harvey più spigolosa, in “15 feet” e “372”, accompagnata da qualche suggestione no-wave, sempre in chiave minimalista; mentre la seplocrale “Thirst” traccia segni scuri e misteriosi su un arpeggio quasi western, fino a un crescendo in cui il rumore è solo uno delle strade da seguire per abbandonarsi all’evocazione del cantato.
Dopo diversi ascolti posso finalmente dire la mia al serpente in copertina, su questo debutto dei Melampus, che mi sembra di grande spessore: non certo orecchiabile o trendy, ma coerente in ogni sua parte, immaginifico e dai molteplici livelli di lettura. Da scoprire.
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La recensione Melampus di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2012-05-25 00:00:00
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