I Mojo Filter sono uno dei moltissimi gruppi che convenzionalmente definiamo “rock anni Settanta” benchè i loro santoni (Creedence Clearwater Revival, Led Zeppelin, Doors e Jimi Hendrix Experience) abbiano realizzato le loro cose migliori nel decennio precedente. Dispiace un po' che i suddetti santoni citati tra le influenze delle band italiane siano quasi sempre gli stessi, da Saint-Vincent a Ostuni: a quando un gruppo che si ispira ai Little Feat? o ai Vanilla Fudge?.
La formazione comasca non fa eccezione: il loro “Mrs. Love Revolution” comprende dieci canzoni che attingono a piene mani alle stranote fonti di cui sopra, e che definire originali è lievemente fuorviante. Non è tanto l'evidenza dei calchi da cui i loro pezzi prendono le mosse (“Crosstown Traffic” per “Just Like a Soldier”, “Suzie Q” per “The River”, per dirne due) o i riff celebri pochissimo modificati (“Summertime Blues” su “What I’ve Got”), su quello si potrebbe anche soprassedere.
È il fatto che, se ci si vuole confrontare con un genere così battuto (e forse esaurito) dai tanti emuli e forse dai suoi stessi fondatori, per non uscirne miseramente schiacciati serve una discreta dose di faccia tosta, stile Davide contro Golia. I Mojo Filter non sembrano averne granchè, perché né dal punto di vista tecnico (assoli convenzionali, batteria fiacca e non di rado in affanno) né dal punto di vista compositivo-performativo (niente più che la lezioncina) regalano un guizzo di imprevedibilità o di sfrontatezza. Nemmeno si può dire che, ascoltati al pub, possano sfigurare; ma alla prova del disco non sfoderano armi sufficienti per staccarsi dai tanti concorrenti.
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