L'eco dei Nirvana rimbomba in una mezzoretta di rumore e confusione oltre le righe
L’inizio promette bene, parecchio bene. Sull’inconfondibile suono di una puntina che graffia un disco in vinile parte un riff da paura, che farebbe muovere anche chi va ai concerti e teme di spettinarsi la frangetta. Poi esplode una violenza sonora che fa tremare tutto e qui quelli che si erano rovinati il ciuffo magari fanno qualche passo indietro. Nessun problema. Il punto è che andando avanti nell’ascolto si ha la sensazione che a fine serata in sala di gente ne rimanga pochina.
“Thirst” è un disco ben confezionato, che si trascina dietro tutto lo sporco del grunge, la violenza dell’hardcore anni ’80 e un po’ di passione per il metal più rozzo e sguaiato. E’ impressionante come la voce sembri la registrazione di quello che gridava Kurt Cobain in “Bleach”. E c’è da dire che lo spettro dei Nirvana, nella fattispecie del loro folgorante album d’esordio datato 1989, si aggira da queste parti dall’inizio alla fine. Cosa che può piacere ma fino a un certo punto. Certo, qui dentro c’è anche qualcos’altro, come i Metallica di “Kill’em all” - ascoltatevi “Undertow” - ma la band di Seattle, più che un’evidente influenza, è un vero e proprio modello che finisce per essere stucchevole e ridondante. Quando sono al meglio, gli Stuntbox riescono a mettere in piedi un bel casino disordinato al punto giiusto, che si trasforma in quella pshichedelia malata che ha reso grande una band come i Liars.
Pochi episodi fuori dallo schema tracciato dalla band di Cobain e - anche mettendoli tutti insieme - non valgono l’ascolto dell’intero disco. A meno che non abbiate una passione spropositata per questo genere di suono, oppure se per caso vi siete persi per qualche imperdonabile motivo “Bleach”, ma credo che in questo caso difficilmente sareste arrivati all’ascolto di “Thirst” degli Stuntbox.
Volendo usare una metafora alcolica, questo disco ha il sapore di una buona birra bevuta tutta in un sorso e lascia in bocca il desiderio di farsene subito un’altra. Vero anche che, probabilmente, passata la sbronza del giorno dopo sarà difficile ricordare qualcosa.
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La recensione Thirst di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2012-02-13 00:00:00
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