La stupita nenia post-wave de “Il Presente è il futuro che si sgretola”, a metà tra Swans e Windsor for the Derby, apre il nuovo lavoro di Novanta (ovvero Manfredi Lamartina), ed è una sottile aria nuova, rispetto al già ottimo precedente ("La Paura Fa"): ovvero, sincronicamente, affermazione e superamento dei codici fin qui utilizzati.
Il disco si snoda come compromesso storico tra l’inglesità manifesta e orgogliosa (Mogwai e The Cure) e una personalità timida (quella di Manfredi), capace di esprimersi ad altezze sublimi, in retroguardia e nel poco di un minimalismo casalingo e spartano, nondimeno ben curato.
L’elettronica d’antan di “My life, a slow emotion”, s’apre a suoni ambient, che molto aggettano negli eighties di ascendenza ancora lisergica, tra Alan Parsons, sintetizzatori e una linea di drum machine che riporta in territori kraftwerkiani. “More”, rivela tutta la densità di Suicide e un’aura post-punk molto attuale, perché “disfunzionale” in senso moderno ed elettronico, così come il glitch dolce in “Support our moods” rappresenta la virtù mediana che integra un freddo codice binario e il cuore di una tradizione ancestrale.
Altra notevole prova che l’artista lascia dietro di sé, per un disco sensibile e importante, che dice tutto quello che deve, nella sintesi sospesa degli opposti. Si invita caldamente a seguirne il percorso.
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