Veleno e ironia tessono chimicamente la seconda pelle di Mapuche; trasudano da ogni interstizio del suo prosaico e sghembo cantautorato. Se nell'EP "Anima Latrina" cominciavano (già dal titolo) a prendere forma, in questo LP d'esordio esplodono senza ritegno ed ustionano come una molotov in mano ad un bambino: in balia di una rinogaetanesca dissonanza vocale - assecondata dalle gustose piaggerie musicali di comprimari a cinque stelle come Colapesce, Toti Valente e Cesare Basile - il catanese Enrico Lanza (il cuore pulsante di Mapuche) si denuda completamente, senza vergogna, al cospetto di una radiografia sonora che ne svela spietatamente, oltre alla carne e allo spirito, le chiaroscurali metastasi esistenziali. Al contempo beatifica - nella più salutare anarchia e in uno slancio di autobiografica tragicità - il più umorale dei filoni cantautorali di casa nostra, da Rino Gaetano a Rondelli, passando per Bugo e Fiumani, fin quasi a teletrasportare il ghigno beffardo del grande Piero Ciampi tra gli agrumeti di Sicilia.
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