Gli Highlord si sono imposti, con il loro debut album, come una delle realtà più interessanti della scena power-speed metal. Non hanno certo l’esperienza di Labyrinth, Rhapsody e Domine, ma i ragazzi piemontesi palesano una freschezza nel songwriting e una padronanza tecnica che fa ben sperare per il futuro. Ascoltando i brani del loro secondo disco intitolato “When the aurora falls”, vengono in mente gli Stratovarius, quelli di “Dreamspace”, che hanno saputo perfettamente coniugare il verbo della potenza e della melodia.
Riff granitici, voce epica, una sontuosa stratificazione di tastiere, qualche ammiccamento al progressive metal e a quello neoclassico (chi ha detto Malmsteen?) sono le caratteristiche della musica degli Highlord. Pezzi come “Don’t kill me again” e “Frozen heaven”, si lasciano apprezzare per la loro orecchiabilità, mentre “Tears of darkness” si snoda attraverso partiture complesse che mi hanno riportato alla mente gli scandinavi Sonata Arctica.
Ritengo, però, che i Nostri in futuro debbano lavorare maggiormente sull’originalità dei pezzi, anche se in definitiva “When the aurora falls” è un album che non delude le aspettative di quanti erano rimasti piacevolmente soddisfatti dall’esordio del 1999.
Dal nuovo album che, salvo imprevisti, dovrebbe uscire quest’anno, ci aspettiamo il definitivo salto di qualità. Al di là di tutto, il cd rimane tappa obbligatoria per gli amanti del metal classico e melodico.
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La recensione When the aurora falls di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2002-04-04 00:00:00
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