Frei sa scrivere, ma pare non riesca ad allentare le sue stesse briglie. C'è da osare. Non tanto, almeno un po'.
Fare del pop non è roba da tutti. Devi avere un talento particolare per la semplicità, riuscendo allo stesso tempo a rifuggire la banalità. Soprattutto, devi avere un senso della misura in grado di calibrare al millimetro ogni elemento: testo, musica, arrangiamenti.
Questa è la base. Poi c'è bisogno del salto in avanti. Sempre restando in quei canali, serve il colpo di genio che scompagini la situazione e renda i brani meritevoli non solo di essere ascoltati, ma di essere ascoltati più volte, possibilmente in repeat.
Ecco, Frei si ferma a metà del guado. Ascoltando "Sulle tracce della volpe" si sentono scorrere undici tracce di un pop cantautorale senza la minima sbavatura. Arrangiamenti essenziali e puliti, chitarra acustica in evidenza, belle linee vocali. Ascoltate la title-track, ma anche "Gilda stai ferma". C'è un'eleganza composta, un innegabile capacità di scrittura: i brani scorrono lisci, ma, arrivati a metà, si inizia ad avere bisogno di qualcosa di più.
Si inizia ad avere bisogno di una botta d'energia, da non intendere come aumento del volume o della rumorosità, ma semplicemente come un sussulto, che faccia capire che non si sta procedendo con il pilota automatico. Invece, anche in un pezzo come "Spacco l'ufficio" (cronaca di un'esplosione irreversibile di rabbia), tutto è al posto giusto, come se l'obiettivo principale di Frei fosse - sempre e comunque - quello di mantenere un profilo distinto e imperturbabile.
Così, quello che rimane dopo aver ascoltato "Sulle tracce della volpe" è la certezza che Frei sa scrivere, ma anche la sensazione che non riesca ad allentare le sue stesse briglie. C'è da osare. Non tanto, almeno un po'.
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La recensione Sulle tracce della volpe di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2012-01-10 00:00:00
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