Subito dopo aver schiacciato "play", mi accorgo che questa raccolta degli Uncalled consta di 16 tracce. E quasi non ci credo, al punto che mi fiondo sul loro profilo per capire cosa li abbia spinti a pubblicare qualcosa di così corposo. Leggo così che “questo disco contiene tutti i brani che hanno segnato la crescita della band e viene considerato una raccolta che mostra l'evoluzione dal 2009 ad oggi”.
Per cui va bene tutto, perché nel 2012 se ci si ingegna non costa poi così tanto registrare un numero di canzoni che fino a qualche anno fa riempivano quasi un album doppio. Ma alla fine dei conti il discorso è sempre lo stesso: ce n'è di materiale, qualitativamente parlando, da giustificare così tanti brani? Se applichiamo il teorema a "Io Robot" la risposta è inequivocabilmente negativa; peccato, perchè se solo i cinque ci avessero ragionato un pochino di più, con meno della metà dei brani avrebbero fatto una gran bella figura.
Certo, gli arrangiamenti denotano subito quale sia l'aspetto difettoso della faccenda, ma è anche vero che per una formazione così giovane è fisiologico essere lontani dalla maturità. In compenso, rispetto a band più navigate, hanno dalla loro almeno due palesi qualità su cui puntare: se la cavano nella scrittura delle canzoni e hanno capito che il punto forte da valorizzare è il vocalist Simone Lucifera, il quale - se non avessi letto i crediti - avrei giurato fosse donna (!). Il suo timbro richiama infatti spessissimo quello di Nada, anche se magari il modello - com'è normale che sia, viste anche le atmosfere del disco - corrisponde a un incrocio tra Matthew Bellamy e Brian Molko.
Purtroppo quando si muovono in zona Muse/Placebo il risultato ("Niente", "Ventisette", "Spegnerò le fiamme", "Appiccherò il fuoco") è mediocre - eccezion fatta per "Sex, sex, sex", "La ballata" e la traccia di apertura. Quando invece la scrittura li porta su territori pop con reminiscenze italiane possiamo già dirne meglio: se fra queste la migliore del lotto è "La balbasta poata" (dove le affinità con Nada sono piacevolmente sorprendenti), a colpire la nostra attenzione sono anche le due ballatone acustiche ("Stesa su di me" e "Basta poco"). E non a caso il consiglio è di ripartire da qui, alla ricerca di soluzioni sonore che gravitino intorno a queste coordinate, senza dover necessariamente pensare di strafare per riuscire a conquistare ascoltatori.
Last but not the least, le liriche, un altro punto nodale da migliorare, perché se alla fine dell'ascolto in testa non rimane neppure un verso, qualcosa su questo versante ancora non funziona per il verso giusto.
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