Come un carillon caricato e appoggiato sul comodino, a ogni giro ti avvolge con la sua intricata trama di delicatezza, leggerezza e lieve malinconia
Per un curioso scherzo del destino (o più semplicemente per un errore nel caricamento delle tracce), i pezzi di "Black Album", ultima prova dei Le-Li, non compaiono sul sito come nella tracklist originaria. Me ne accorgo perché non c’è corrispondenza tra il lato A che dovrebbe essere solo in italiano e quello B in inglese, così come dice la descrizione. Sì certo, senza troppo sforzo si potrebbe cercare l’ordine giusto in rete e rimettere la cose al loro posto, ma decido di optare per un procedere confuso e del tutto arbitrario. Titoli evocativi e attraenti stanno lì in bella mostra, come pacchetti natalizi dalle forme imprevedibili: sceglierli a caso per tastarli, alzare gli occhi al cielo nel tentativo di indovinare cosa c’è dentro e sorprendersi tra i pezzi di carta voracemente eliminata è un gioco bellissimo.
L’occhio cade su “Paris-Orly”, immaginando qualcosa che parli della città delle ombre, piuttosto che di quella delle luci. E invece un sound molto intimo, delicato e vagamente parigino nella tensione sognante e nella leggerezza del garbo mi parla (se il francese non mi tradisce) di un messaggio vuoto, inviato per ricordare di sé alla persona amata. Magari ho scelto un caso isolato, meglio affidarsi allora “Alla befana” che mi sembra un titolo bello solido. Arrivano una conferma e una sorpresa. L’attitudine parisienne, il carattere bambinesco del testo e la leggerezza della melodia restano, ma si fa strada anche un’insolita ricchezza strumentale, che sarà una costante di tutto l’album: suoni non attribuibili canonicamente all’immaginario pop (clarinetto, diamonica, sassofono, harmonium, sitar) disegnano scene variopinte, su cui però sembra essersi posata la patina del tempo. Non faccio in tempo a selezionare la canzone successiva che parte “Bambola” (che non convince troppo), ma poi batto il lettore sul tempo e scelgo “Troppo lontano”, in cui ancora una volta a sorprendere non è tanto la melodia o il testo, quanto l’originale cura del suono.
Il presunto lato B è ancora assolutamente sconosciuto, ma si rivelerà la parte più riuscita dell’album: sia nelle occasioni più introspettive (“Fishbowl”), sia in quelle in cui ritmi e suoni si incastrano vicendevolmente (“The latter”), il cantato in inglese riesce a mantenere una certa leggerezza, adattandosi bene alla sempre valida costruzione sonora e mascherando, laddove necessario, una non proprio folgorante immediatezza di melodia o testo.
"Black Albun" dei Le-Li va ascoltato più volte e scoperto in ogni suo strato. Come un carillon caricato e appoggiato sul comodino, a ogni giro ti avvolge con la sua intricata trama di delicatezza, leggerezza e lieve malinconia, consegnandoti dolcemente a quella terra di nessuno che precede il sonno profondo, in cui cristallina confusione, infanzia e meraviglia si mischiano felicemente.
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La recensione Black Album di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2012-03-27 00:00:00
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