“Non suoniamo indie, siamo indie perché produciamo la nostra musica”, che sarebbe un rock di ampio respiro e ampie vedute, figlio dell'unione fra Albione e la West Coast.
Pare che ci sia stato un tempo in cui essere indie significava essere indipendenti. Come poi con questo status si sia arrivati a designare una categoria sociologica descrivibile come “ragazzo/a sottopeso con frangia, t-shirt dei joy division e fotocamera al collo” resta da chiarire. Sospetto comunque che i musicisti indie dei tempi antichi rimorchiassero ragazze molto più sexy rispetto a quelli odierni, e sospetto che la pensino allo stesso modo anche gli IBAFHG, nome palesemente sarcastico. Sospetto anche che, oltre all'intento ironico, nel darsi un nome del genere ci fosse l'intenzione di entrare nel glorioso circolo delle band acronimiche (RHCP, QOTSA...).
Quello che invece non sospetto, ma di cui anzi sono abbastanza sicura, è che sotto la parvenza da buontemponi si celi la voglia di fare sul serio: "Into Unconsciousness" infatti è un lavoro poco o niente indie-frangia-fotocamera (senza nulla togliere a un filone che comunque produce cose rispettabilissime). L'intento non è essere fighi, ma essere intensi. Si sente nella voce drammatica, nei riff prepotenti, nella sezione ritmica decisa. L'inclinazione è decisamente più da grandi spazi che da club per pochi indiemi (scusate, m'è scappata), anche se la deriva stoner della Garbatella è evitata grazie al gusto prevalentemente british che li rende, anche nei pezzi “americani” come “Abandon”, più affini agli Arctic Monkeys che ai Them Crooked Vultures (esplicitamente citati come ispiratori), sempre mantenendo, però, uno sguardo agli Interpol.
Il pericolo, in questi casi, è perdere l'equilibrio e cadere nell'effetto Glasvegas, cioè passare dal sentimentale al patetico e dall'epico al kitsch. Ma avremo tempo per pensarci quando faranno un altro album. Per adesso alziamo il volume e pigiamo Repeat All perché, anche se non contiene novità eclatanti, questo è un disco che si fa ri-ascoltare ad alto volume. E non è poco.
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La recensione Into Unconsciousness di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2012-02-23 00:00:00
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