Due cose: la prima è il prendersi “troppo sul serio”. Che siano i dischi dei Pan Del Diavolo o dei The Please (entrambi molto belli e importanti, chiaro) ultimamente pare prevalere il “sottotesto serio” (sia musicale che lirico, chiaro). La seconda è l'essere comunicativi: non so, vi è mai capitato di vedere una cover band che finisce per sbaglio ad una festa di paese davanti a 10 giovani e 90 vecchietti? Se è di quelle brave riesce a farsi capire da tutti e 100 e porta a casa la serata. Quindi: essere divertenti (che oggi sembra quasi un insulto) e saper arrivare alla pancia delle persone (idem). A mio avviso è tutta lì la questione: sono le due migliori qualità di “Turisti della democrazia”, ed è per questo che in una settimana il loro disco in streaming ha fatto molti più clic di nomi importanti come Mojomatics (per farvi l'esempio di un gruppo che tiene molto al proprio suono e che ci mette anche quattro anni per pubblicare un album) o Saluti da Saturno (che è tanto bravo con le parole e si è preso il Primascelta). Suoni e parole in “Turisti della democrazia” non sono il massimo. Su entrambi, a mio avviso, c'è ancora da lavorare, ma parecchio.
Per i suoni: il lo-fi è sempre esistito, punto. Son gusti: io il fare di necessità virtù lo trovo romantico. Qui a volte il gioco funziona altre no, due esempi: “Quello che le donne dicono” (ora non stiamo a disquisire se questi fiati siano veri o tirati fuori da una tastiera) fa tanto base midi per una versione karaoke di "Maracaibo"; un suo senso, a mio avviso, ce l'ha. “Vado al mare” invece fa tanto “Girls & Boys” ma senza il produttore dei Blur dietro.
Sulle parole la questione è un po' più fastidiosa ma, in effetti, non è un discorso così differente: se uno accetta il parlare alla pancia e l'ironia, accetta anche una serie di slogan populisti e che tutto possa essere il contrario di tutto. Alcune cose continuo a non capirle: in “Ladro di cuori col bruco”, che a mio avviso è una di quelle scritte meglio (c'è un personaggio carismatico, c'è una Lei da conquistare, parole ben scelte che si incastrano con un ritmo veloce) ad un certo punto spara un “Il partito negli ultimi vent'anni è andato a puttane come il re”, che anche sforzandomi di tradurre il sottotesto di una canzone che parla della filosofia che ci può essere dietro ad un baccaglio in discoteca, a me suona solo come una vaccata ad effetto e poco di più. Però, poi, uno si ricorda dell'ironia, del parlare alla pancia, del fatto che sono giovani. Ci aggiungi che un paio di ritornelli li hanno messi a segno (“Abbiamo vinto la guerra”, “L'amore ai tempi dell'Ikea”) alla fine li prendi per quello che sono: dei cazzoni divertenti e un po' paraculi, punto.
Quindi: se volete delle canzoni belle, importanti, dove il saper scrivere si mischia al romanticismo, ad un immaginario personale e alla critica politica (a ribadire che le tre cose, sei se bravo, puoi anche non distinguerle) ascoltate altri gruppi e non Lo Stato Sociale. Se invece siete stanchi dei soliti nomi e volete divertirvi un po', ascoltate Lo Stato Sociale (con il rischio di stancarvi anche di loro, magari tra sei mesi). Facile. E' tutta lì la questione, non ci perderei più tempo del dovuto.
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