Un disco suonato a loro non bastava, così hanno deciso di comporre i pezzi, provarli dal vivo e cercare la miglior resa possibile, affinando mese dopo mese e concerto dopo concerto scrittura e abilità tecnica fino al momento in cui, trascorsi otto anni, si sono sentiti pronti e hanno varcato la porta della sala d’incisione per immortalare le composizioni in un’autoproduzione.
I sette brani che formano “Edith Aveva Un Fondo Nichilista” sfruttano la sapienza strumentale del post rock, addomesticandolo fino a crearne un sottofondo prezioso che crei atmosfere avvolgenti, e l’abilità di scrittura della Canzone d’autore più colta, mutuandone la scelta dell’italiano letterario come idioma in grado di infondere suggestioni.
Per essere un’opera prima – e pure autoprodotta – il livello è buono e contiene spunti e idee interessanti, non mancano però i punti deboli, sui quali Matteo Dossena & Co. devono lavorare.
Tra questi c’è proprio la voce del frontman, non abbastanza salda, squillante, melodiosa, intensa ed espressiva, non abbastanza carismatica insomma; quando è effettata prende maggior corpo ed è credibile come elemento principe, altrimenti si dissolve e inciampa su un percorso per lei eccessivamente prezioso e raffinato, soccombendo sotto l’importante dialogo intessuto da chitarre, percussioni, basso, contrabbasso e flauto traverso.
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