In questi 7 pezzi tanto il sound quanto gli arrangiamenti sono talmente scarsi da non poterli neppure paragonare a un demo.
Nel caso di gruppi come gli Hinterland diventa quasi deprimente imbastire una critica. Probabilmente l'avrò già scritto e pensato chissà quante alte volte in passato per situazioni simili, ma di fronte a questi timidi tentativi di mettere in fila 7 canzoni, non è neppure il caso di infierire.
Quali consigli si aspetta infatti una band disposta ad incidere un verso come: "Tu dimmi qui come faccio ad ascoltarmi senza che senta me / sarà che la confusione nelle tasche di un gilet ha un perché"? Potrete dedurre voi stessi che se il livello delle liriche è questo (...e questo è, purtroppo), poco o nulla ci si potrà aspettare dagli Hinterland. Senza considerare la povertà tanto del sound quanto degli arrangiamenti, talmente scarsi da non poterli neppure paragonare a un demo.
Hai voglia, infatti, a scrivere nelle note biografiche che "le influenze principali e possibili chiavi di lettura dell'album sono il funk-rock dei Red Hot Chili Peppers, il punk-rock americano anni '90, il nuovo brit-rock e brit-pop di Kooks, Arctic Monkeys e The Strokes", siccome - a parte le indicazioni di genere non proprio corrette - tutto rimane nel campo delle belle intenzioni.
Ma la chiudiamo qui, perché non avrebbe senso andare oltre.
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La recensione Gli esami non finiscono di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2012-05-23 00:00:00
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