Probabilmente anche gli stessi Inland Sea erano consapevoli della scelta di percorrere un sentiero tortuoso, nel momento in cui decisero di pubblicare questo disco. Se uso l’espressione "sentiero tortuoso" lo faccio in quanto "The passion" è un disco disseminato di trappole, tanto per i musicisti quanto per il recensore. Se il secondo dovrà infatti gestire sapientemente la dimensione relativa alla critica - cercando di scorgere gli elementi positivi di un'opera ultraderivativa -, in questo contesto ai primi tocca il non facile compito di far emergere il proprio potenziale artistico.
"The passion" è un concentrato di pop di matrice britannica, che tradisce le sue origini solo prestando particolare attenzione alla pronuncia neutra e pulita del vocalist. Musicalmente, invece, siamo ai limiti dell'ortodossia: suoni e arrangiamenti sembrano il risultato di una formazione il cui background, culturale oltre che musicale, nulla ha a che vedere con lo Stivale, ma sembra avere origine a Oxford piuttosto che Manchester o Wigan.
E il punto cruciale forse è proprio questo: i quattro paiono spessissimo la replica (fatta benissimo) di band che negli anni zero hanno riportato in auge questo tipo di sonorità. Per intenderci, gran parte degli episodi ("Hushing the whispers", "Two", "Weak", "He's your son", "Soul weather") sembrano provenire direttamente dalle session del debutto entusiasmante degli Starsailor - ed è un complimento mica da ridere - ma nessuna fra queste riesce ad eguagliare la magia di pezzi quali "Alcoholic" o "Love is here"; insomma, manca ancor quel pizzico di mordente per fare esclamare: "Oibò!".
Poi, sia chiaro, ci sono anche raffinate intuizioni, come quell'arrangiamento fiatistico su "Easter" che sembra un incrocio tra Badly Drawn Boy e il Lenny Kravitz di "Let love rule", piuttosto che le atmosfere rarefatte di "Blind" che incrociano gli U2 delle ballate di "Pop" con il Thom Yorke di "(Nice dream)". Basterebbe magari un produttore, tipo Giovanni Ferrario o Maurice Andiloro, a fare la differenza. Perché "The passion" rimane comunque un bel disco (dovessimo dare un voto sarebbe un 7), ma manca ancora il fatidico "colpo di reni" per parlarne benissimo.
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