Smoothout
Strange things in town 2012 - Rock, Indie

Strange things in town

A sei anni di distanza gli Smoothout sono ancora quelli, inascoltabili.

Quando un collaboratore di Rockit vede arrivare nella propria casella di posta l’annuncio dell’affido di una recensione è una festa: monta la curiosità, scatta subito l’ascolto dai pezzi da definire e giudicare, il volersi informare sulla band in questione per capire il progetto, magari leggendo la bio caricata dal gruppo stesso - o comunque dall’ufficio stampa da lui incaricato – e le recensioni dei predecessori, qualora ce ne siano già in archivio.

Dalle prime note si forma un primo giudizio e, man mano che si prosegue in ascolto e letture, si affina. Poi metterlo nero su bianco è un’altra cosa, soprattutto se il disco rivela tremende criticità e continuare a sentirlo diventa un supplizio.

E spiace lasciarlo parcheggiato lì nella casella per mesi, senza trovare le parole giuste per recensirlo e il coraggio di schiacciare di nuovo “play”; arriva un momento in cui però bisogna affrontare la questione, almeno per “ripagare” la buona volontà di chi ha messo tante energie in una nobile impresa qual è quella musicale.

Ecco il dunque: i lombardi Smoothout frequentano la sala prove dal 2007, sei anni quindi. Gli amici e colleghi di Rockit, Alex prima e Filippo Maria poi, hanno rilevato quanto l’inglese fosse mal pronunciato e quanto le carenze tecniche vadano ad inficiare il risultato. Confermo. Dopo sei anni è ancora così.

Non mi interessa se gli Smoothout riprendono con poca originalità un genere già stantio come può essere il punk rock californiano degli anni ’90, perché comunque se la resa è bella è un piacere trascorrere mezz’ora in compagnia di suoni anacronistici. E invece questo “Strange things in town” fa proprio male, alle orecchie e al cuore.

Vedi la tracklist e ascolta le tracce sul player nella versione completa.