Il collettivo neosensibilista rimane fedele alla linea. 8 nuove canzoni bellissime. Forse un filo di amarezza per un tipo di scrittura che ribatte sempre sulle stesse emozioni.
Non c'era mai stata così tanta Reggio Emilia in un disco degli Offlaga. Se “Socialismo tascabile” ha introdotto certi luoghi-comunismi vintage e “Bachelite” ha raccontato tante facce di donne, ragazze e femmine complicate, questo nuovo “Gioco di Società” è un tributo tutto dedicato a Reggio Emilia. Presente e citata praticamente in ogni canzone, amata, ricordata e rivissuta fino allo stremo. La città dalla pianta esagonale, teatro di vita sociale e personale, orizzonte con cui confrontarsi ad ogni passo e dove giocarsi ogni opportunità. La città inutilmente bella e zitella. Un tabellone di gioco con sei lati, su cui lanciare i dadi e partire.
Il collettivo neosensibilista è tornato, dopo 4 anni. Nove pezzi, anzi otto. Ai primi ascolti, l'impatto è straniante. Siamo affezionati agli Offlaga, ci è piaciuto da impazzire quello che hanno suonato fino ad oggi e sotto sotto speriamo che abbiano fatto qualche altra memorabilia tipo “Robespierre” o “Ventrale”. Bene, l'hanno fatto. Hanno spogliato ancora di più i suoni, hanno tenuto un impianto minimal che lancia nello spazio la voce di Max Collini. Ma sono rimasti fedeli alla linea. E allora è un innamoramento lento, quello con gli Offlaga del 2012. Drum machine dal tono industrial, effetti da dance floor, ma sempre a bassa fedeltà. Chitarre ridotte all'osso, basso importante, tutto è sintetizzato. Nel vero senso della parola. Hanno affilato le lame e affinato le tecniche. Hanno asciugato, ristretto e strizzato per far sbocciare un fiore, all'improvviso.
Ci vogliono parecchi ascolti per tuffarsi nella letteratura degli Offlaga. “Palazzo Masdoni”, che ruba il titolo alla storica sede del Pci di Reggio, in sette minuti fa da prima tappa in questo gioco dentro la città. Ad incalzare l'ascolto arriva “Parlo da solo”, primo singolo e video. Una storia di ordinaria (?) delusione d'amore, in cui chi arriva al taglio definitivo, per sfinimento, non è mai chi lo desidera. Si collega idealmente a “Desistenza”, brano potentissimo ed efficace, tutto giocato su un riff che non ti si toglie dalle orecchie: voce tranchant, con versi che solo gli Offlaga possono mettere in musica ("Riassumi le tue dimissioni senza opinioni": voi mandereste al diavolo qualcuno così?). Poi, arriva la Storia. La stessa su cui ci ha regalato parole forti anche Pier Vittorio Tondelli, e che anche Ligabue cita in una sua canzone. Entrambi di Correggio, nel 1980 sono finiti come tanti altri al mitico concerto dei Police a Reggio Emilia. Mitico, in tutti i sensi: finì a molotov e scontri, in troppi non sono riusciti ad entrare. Troppi soldi (3mila lire l'ingresso) e troppa gente. La band lo racconta in “Respinti all'Uscio”, dallo sguardo di un tredicenne che a quel live non ci è potuto andare, ma che l'indomani vede una città cambiata, che porta le ferite di una nottata di passione. “Piccola storia Ultras” è l'omaggio calcistico del disco, che si mischia ancora una volta alla storia della città. Viene citato il coro degli Ultras della Reggiana, che in realtà si ispirava al canto popolare “Per i morti di Reggio Emilia”, in onore di 5 operai uccisi dalle forze dell'ordine nel 1960. Andare allo stadio, dunque, e crearsi pure una certa coscienza. E autocitarsi, visto che si riparla di Gheddafi e delle bombe, vecchie e nuove (vedi “Robespierre”, di nuovo).
Altra chicca, “Tulipani”, all'apparenza l'unico pezzo che esce dalla dimensione emiliana. Racconta dell'olandese Johan Van der Velde, ciclista che con le sue gambe e a mezze maniche scalò come un fulmine il Gavia, in Valcamonica, durante il Giro d'Italia dell''88. Staccò tutti, rischiando la morte per il gran freddo e la neve. Ma non vinse quella tappa. In realtà, viene accostato all'atleta di Correggio (anche lui) Dorando Pietri, maratoneta che alle Olimpiadi di Londra del 1908 passò alla storia per aver tagliato il traguardo per primo beccandosi comunque una squalifica. Non serve sempre vincere per rimanere nella memoria dei posteri.
Non vi sveliamo tutto, si lascerà scoprire da solo, questo disco. C'è ancora una volta il piccolo mondo antico degli Offlaga, con quel retrogusto che ti porta a guardare indietro con un sospiro e a rallentare il futuro. Ci sono delle vere perle dentro Gioco di Società, ma un filo di amarezza, rimane: a quando un salto diverso, lontano dalla semantica a cui ci hanno abituati? Il pozzo da cui attingono è lo stesso, i riferimenti diretti all’attualità sono a zero e anche l’impianto musicale è sempre molto simile, coerente. Forse, potevano gettare l'amo un po' più in là e confrontarsi con altri lidi, altri temi. O, forse, a loro non frega nulla di cambiar passo: fanno quello che sanno fare. Del resto, lo fanno benissimo.
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La recensione Gioco di società di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2012-03-05 00:00:00
COMMENTI (3)
"Hanno asciugato, ristretto e strizzato..."
Si, i maròni di tutti quelli che hanno avuto la sventura di averci a che fare...
Che lo jagermeister vi vada per traverso, stelle di sto' cazzo.
Bella recensione!
l'unico difetto del disco è che dura troppo poco !
4 anni per 8 canzoni è da tirchi dei sentimenti. un pò più di generosità per chi vi ascolta e vi aspetta su! offlaga fancazzisti ! :-)