il cristo fluorescente
We Will Sink Singing 2012 - Sperimentale, Elettronica, Shoegaze

We Will Sink Singing

Non di solo dubstep vive l’uomo, ma di ogni sfumatura che un synth può regalare. Ed è un bene ricordarlo a chi per caso l’avesse dimenticato.

Il Cristo Fluorescente è una realtà più che concreta. Una realtà supportata da prove certe, da fatti. Per prima cosa da un nome, quello di Simone Greco, persona fisica già all’opera con i post rockers romani Crimen. Poi da un album, l’ottimo “Brave new world” uscito l’anno scorso, undici pezzi concepiti sotto prescrizione del dottor Huxley; un trionfo noise di synth, loops, distorsioni, basso e batteria. Un album, e cito dal vangelo secondo Greco, “impregnato di attacchi di panico, mal di testa, claustrofobia e paranoia moderna”. Andate a recuperarlo, che ne vale sicuramente la pena. E’ pure gratis.

Il primo miracolo di un Cristo che, a distanza di qualche mese, ci riprova, stavolta con un mini album intitolato “We will sink singing”, affonderemo cantando. Profetico? E chi lo sa. Meno noise, più elettronica. Meno aggressività e più disillusione. Meno Nine Inch Nails e più Moby (“There’s no much time”, “The sailing”) e Moderat (“We will sink singing”, “God is not my opinion”), meno industrial e più atmosfera che, grazie all’esperienza post rock maturata con i Crimen, assume spesso e volentieri i contorni di una deriva ambient in stile Hammock (“The Horizont” e l’incredibile “The sinking”, otto minuti e mezzo di goduria pura, costruita intorno a sample pescati “a gratis” da freesound.org). Scelta assolutamente azzeccata.

Per quanto riguarda il MacGuffin, “We will sink singing” altro non è che una nave che sta colando a picco, un "concept su deriva e rassegnazione. Il suono della consapevolezza che stiamo per affondare, ma lo faremo cantando. Qualcosa di simile a una speranza. Qualcosa di simile a una tomba”. Una verità tristemente condivisibile, evangelizzata in sei pezzi scritti e prodotti dal Cristo stesso, saltuariamente abbelliti da “speech” tratti da "La bocca del lupo", film di Pietro Marcello del 2009. Una vera chicca. Un mini album cupo, inquieto, davvero molto affascinante. Un lavoro che finalmente ci restituisce un modo di fare musica, un sound fin troppo trascurato, ma sempre meraviglioso. Perché non di solo dubstep vive l’uomo, ma di ogni sfumatura che un synth può regalare. Ed è un bene ricordarlo a chi per caso l’avesse dimenticato.

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