Una miscela oscura, pesante e nichilista che riempie il vuoto freddo degli attimi di dolore
Un tappeto di chitarre distorte e melodie intricate contro cui si scontrano soluzioni vocali molto simili a quelle collaudate dagli Incubus. Per quanto possa sembrare assurdo, il suono di questo disco ricorda tanto le melodie dei primi Pearl Jam quanto la potenza degli At the Drive-In di “Relationship of Command”.
Ne esce una miscela scura, pesante e nichilista ma che ha ben poco a che fare con eccessi di rumori e distorsioni fuori posto. Musica che riempie il vuoto freddo degli attimi di dolore si mescola a un’alterazione del suono che riesce a scaldare il cuore. La ricerca psichedelica si innesta su un territorio propriamente rock ma l’intenzione di superare gli schemi del post-rock (o post-hc?) è soffocata da una presenza troppo forte di un sound tipicamente anni ’90.
Dal punto di vista strumentale il debutto targato Isole di Ceramica è qualcosa di interessante e piacevole tanto che, per quanto la voce funzioni, le parti cantate passano in secondo piano quando non sembrano addirittura fare parte delle stessa canzone. Vale la pena arrivare in fondo e ascoltare “Blue-Fire Bar Mitzvah”, un viaggio strumentale nelle zone oscure della mente. Peccato trovare un pezzo così solo alla fine di un album non memorabile.
---
La recensione Hey You di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2012-07-25 00:00:00
COMMENTI (2)
condivido "le parti cantate passano in secondo piano quando non sembrano addirittura fare parte delle stessa canzone.", ma le idee non sono male!
Ci vedo anche prog, King Crimson ad esempio! Bravi!