In questi 13' di prova il giovane rapper mette in scena due anime che sembrano cozzare l'una contro l'altra.
Partiamo con una premessa: in un mondo di rapper impegnati e di testi imbottiti di paroloni come nemmeno i panini del lurido il sabato sera, io mi trovo sempre a tifare per il bel cazzeggio fine a sé stesso, perché voler far musica per divertire e divertirsi è sempre un ottimo punto di partenza.
Rage Hoover, rapper e beater classe 1991, intitola il suo ep "Miseria & Nobiltà", un titolo che sembra voler evocare le pesanti letture politiche del liceo. Ecco, se uno si prende la briga di andar oltre a questo - permettimi - brutto titolo troverà invece un esordiente disposto a prendersi in giro: addio basi da carrozzone electro e bentornati classici beat-slow, di quelli che rallentano per dare il tempo al ritornello arrembì di infilarsi nel pezzo. Una formula (ahimè) lontana dalle moderne hit di oggi, che invece il giovane Rage Hoover utilizza, rievocando così gli ascolti che lo hanno formato.
In questi 13' di prova il giovane rapper mette in scena due anime che sembrano cozzare l'una contro l'altra: da una parte si sente la voglia di avvicinarsi alla pulizia dell'hip-hop anni '90 (per esempio in un pezzo come "Il Mondo crolla") e dall'altra una naturale predisposizione alla leggerezza pop alla Dargen D'Amico (visibilissima nel pezzo "Se fossi stato donna").
Rage non scegliere! È proprio questa parte pop - quest'anima da hit degli Zero Assoluto - che ci aiutano a voler ascoltare altro in futuro.
---
La recensione Miseria & Nobiltà [ep] di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2013-08-01 00:00:00
COMMENTI (2)
@31 Qui non mi pare si dica che il rap debba essere pop... si consiglia piuttosto a Rage Hoover di spingere di più su quel versante siccome gli riesce bene...
che recensione improbabile, come improbabile è il giovane reppettaro che non ha flow, non ha voce, non ha stile, non ha nulla, per ora.
E che il rap debba essere "pop" per piacere, beh, sarà l'opinione di chi lo ascolta da quando lo passa Radio Italia.
Rockit, fai una regola per restare un magazine autorevole: per scrivere di rap bisogna aver almeno quindici anni di interesse attivo ed ascolto del rap.
Che è anche poco.