Il secondo disco dei Coconut Fudge “Soaked” sposta l'asse su un sound decisamente più grunge, oserei dire à la Nirvana, soprattutto nel cantato, un vero e proprio tributo a Cobain. Rispetto al primo disco il suono è più filologico e quindi più "vecchio", ma l'effetto complessivo è estremamente gradevole: fa capolino talvolta un certo gusto brit ("Dead models") che rende tutti i brani cantabili e piacevoli, sbarazzini anche nel loro incombere di chitarre distorte.
Purtroppo mi ritrovo a ripetere ciò che avevo detto dei Coconut nella recensione del primo disco: il difetto di fondo è una certa ripetitività nei suoni e i brani si somigliano tra loro per l'ennesima volta (vedi "Phone" e "Got an answer"), e talvolta si ha l'impressione che la band non abbia in mente un'idea complessiva del pezzo, ma che si lanci a improvvisare su riff che non sempre trovano una conclusione ("Don't wanna stay here").
Sostanzialmente non è cambiato granché dal 2010, i Coconut Fudge hanno conservato i vecchi difetti ma anche la sana capacità di scrivere brani molto belli, ma non è questo il disco del salto di qualità. Se "il secondo album è sempre il più difficile", speriamo in un terzo che finalmente porti a compimento gli ottimi spunti esistenti.
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