Dammi tre parole: piombo, polvere e carbone. Perché in tempi così ubriachi e annaspanti sentiamo tutto il peso della materia, respiriamo aria che non è più sottile e gonfia i polmoni di speranze perdute, e l’emozione e il sogno non occupano più spazi infiniti, ma soltanto strette caselle ritagliate nel quotidiano. Una prospettiva dove conta ciò che puoi trattenere nelle mani, il tocco, la presenza, e tutto quel che accade intorno è solo uno sfondo percepito in parte.
Alla base di tutto si estende in ogni angolo, vivace come spruzzi di primavera inattesa, l’energia, e anche qui parliamo di sostanza, di un'energia che puoi afferrare, assaggiare, capace di cambiare l’espressione del viso: va chiarito, però, che l’attitudine allegro ma non troppo presa in prestito dal punk e meravigliosamente declinata in pezzi come “Farà Cadere Lei” qui cede il passo a un mood più introspettivo, a lati oscuri che in “Sono All’Osso” non venivano fuori. Certo, ritroviamo le due chitarre e una grancassa che ormai ben conosciamo, e anche in quest’album producono paesaggi e visioni capillari, muovendosi nel folk da distese sconfinate sotto il sole cocente, con spiccati rimandi rock’n’roll (“Dolce Far Niente”) o luccichii da ballate country (“Vento Fortissimo”).
Ma è chiara la percezione che qualcosa è cambiato, che non tutte le tensioni si risolvono, e ne viene fuori un disco che potremmo definire new wave per la sua capacità di creare atmosfere ‘chiuse’ rispetto all’ariosità del disco d’esordio. Il concetto dominante è che in questo caso il particolare prevale sull’universale. Ecco, questa forse è la chiave di lettura più adatta: circostanze precise, definite, dove gli strumenti si incastrano perfettamente e lì esplodono, senza fare rumore altrove. E i brani raccontano e ci colpiscono non per rivelare, ma per scuotere: un apertura fulminea e incisiva che ti spinge a terra (“Elettrica”) e l’immediatezza di “Scimmia Urlatore”, che si fa cantare già dopo pochi ascolti, la morbida e intensa “Fermare Il Tempo” col suo velluto di suoni tipici dei ripensamenti notturni davanti a una finestra, il riff western con voce strozzata di “Libero” che invita sì a tenere “stretti i denti” ma pure a staccare “i piedi da terra”, perché “per essere libero e vero” bisogna lottare e sognare guardando ben dritti davanti a sé. Tutto va a comporre un quadro variegato e dinamico, fatto di buoni propositi e ottimi risultati e ogni brano somma fuoco e freschezza, per prenderti in un modo o nell’altro.
“Piombo, Polvere e Carbone” è la seconda prova che ci aspettavamo da Il Pan Del Diavolo: musica che dà vigore, ricostituente ideale per orecchie annoiate, una corsa veloce a sfidare l’aria e abbassare i finestrini mentre muori dal caldo per sentire di essere vivo. E in tempi così, logori e ingombranti, le soluzioni che restano sono solo le più semplici, e solo le più semplici saranno vincenti: e allora dammi tre parole, energia, voglia e movimento, e ci costruiremo sopra la rivoluzione.
Vedi la tracklist e ascolta le tracce sul player nella versione completa.