I Cani incontrano i Gazebo Penguins ed è subito amore: quattro tracce che valgono un intero album, tra inediti, reciproche cover e unione d’intenti nell’ottica di una necessaria conservazione della specie.
Certo che i pinguini non rosicchiano ossa né tantomeno i cani pescano in acque gelide, eppure un bel banchetto all together non sarebbe male, trovando un compromesso sulle pietanze principali: un invitante buffet che offre savoir faire elettronico come chitarre cattive, voci misurate e urlate, il controllo e la tensione, il tutto accompagnato dalla comune matrice della lingua italiana che si mostra nella sua trama nuda e meno prevedibile. In fondo, il senso di uno split è proprio questo: fondere idee ed energie rimanendo però ben distinti, un po’ come innamorarsi ma farlo per bene, senza troppi cedimenti, con gli abbracci giusti, unendosi per la difesa della propria identità. Ed essere umani o animali poco conta, tutti ugualmente inseguiamo la meraviglia attraverso la tempesta per ammirare un’aurora boreale, fosse anche solo per un risveglio un po’ migliore.
Incerta se ballare o piuttosto incollarmi alla sedia a memorizzare le parole, lascio girare “Asperger” più e più volte, solito tiro coinvolgente sul racconto di sindromi varie in metrica perfetta, capacità immediata di entrare in circolo, si corre seriamente il rischio di lasciare in attesa le altre tracce per un poco. Se non fosse che leggendo il titolo successivo preme la curiosità di scoprire la versione Gazebo di “Wes Anderson”: la base del brano diventa più dilatata e onirica per accogliere un patchwork di frasi estrapolate dall’intero (sorprendente) album d’esordio de I Cani, un delirante cut up che, come è ovvio, presenta spunti celati da apparente nonsense, e ricorda lo stile di scrittura usato da Le Luci Della Centrale Elettrica per omaggiare i Diaframma in "Un giorno balordo", qui reso più denso, quasi a creare un succo essenziale della band romana sospesa nell’aria in tante goccioline elettriche.
E non c’è scampo, già sono catturata, sempre più incollata, mi tuffo senza esitazioni nel mood e, senza farci caso, nonostante le esplosioni di primavera, già penso a “Tutte le volte che nevica ne viene un metro”: so bene quanto vada dritta al cuore, suoni metallici viscerali e commoventi, un groppo nella gola che urla tra sfinimento e ricordi. Sarà normale piangere, c’è bisogno di farlo, ogni tanto. Quel tanto che basta prima dello schiaffo finale di “Senza Di Te”, voce effettata e suoni ipnotici, uno sciame di violenza psichedelica, ovattata ma intensa, e il vinile 10” chiude così, con una schiera di pollici in su.
E tra inediti già eseguiti dal vivo, reciproche cover, i sorsi pieni che placano la sete di bellezza, scorrono tante di quelle immagini che potrei farne un film, forse poco interessante per gli altri ma fondamentale per me. In uscita il 21 aprile in occasione del Record Store Day, questo lavoro, frutto della collaborazione non solo dei due gruppi ma soprattutto delle loro rispettive label (42 Records e To Lose La Track), ha la singolare dote di possedere ciò che normalmente si trova in un album completo: come se in quattro tracce fossero comunque presenti la necessaria forza, passione, intenzione, un concentrato seducente e piacevolissimo. Dunque, sarà pur vero che i cani non sono i pinguini e viceversa, ma è proprio questa diversità che permette loro di centrare il segno, un po’ come innamorarsi, ma farlo per bene. Davvero.
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La recensione Ipinguininonsonoicaninonsonoipinguini di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2012-04-18 00:00:00
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