Nuova Siouxsie? Tying Tiffany ci prova. E stavolta convince.
E così Tying Tiffany ce l’ha fatta. Il lento ma deciso processo di allontanamento dall’electro-clash del primo album, in favore di un’adesione sincera e completa alla gothic wave che si era compiuto già nel precedente “Peoples Temple” di due anni fa è giunto alla sua maturazione artistica.
Se il disco del 2010 non convinceva fino in fondo, “Dark Days White Nights” propone dieci tracce che pescano tanto nel glorioso passato anni 80 di Joy Division (per la verità più stadium rock, come ci insegna il profeta Simon Reynolds), Cure (gli arpeggi di chitarra sono pura scuola Robert Smith) e Siouxsie & The Banshees (un esempio? La melodia di “Dark Days”) quanto nel revival degli ultimi dieci anni, in un arco che va dagli Interpol agli Editors (evidentissimo il loro influsso in “She Never Dies”, forse la canzone più riuscita del disco), in un piacevole e sicuro amalgama in cui a spiccare è sempre la personalità dell’artista padovana (che peraltro vede la sua città d’origine come il fumo negli occhi).
Con un brano piazzato nella colonna sonora di “CSI Las Vegas” (“Blood Moon”, dal disco precedente) e uno in quella di “Fifa 2012” (“Drowning”, tratto da questo disco. Peraltro, titolo oltremodo cureano e in generale so 80), Tying Tiffany è indiscutibilmente una delle artiste italiane con maggiore visibilità all’estero, puntualmente presa sottotono nella madrepatria, che al rock preferisce il solito stantio cantautorame.
Non è solo questione di buoni uffici stampa (spesso decisivi per l’inserzione di brani nelle colonne sonore): un po’ di sostanza per arrivare a certi livelli deve esserci. E “Dark Days White Nights” (molteplici i richiami anche qui, dai Velvet Underground a Dostoevskij), che si fa ascoltare e riascoltare piacevolmente, ne ha, statene certi.
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La recensione Dark Days White Nights di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2012-04-11 00:00:00
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