Oltre il cinismo dei Cani, il disfattismo de Lo Stato Sociale, il pessimismo dei Fine Before You Came: se amare è un diritto di tutti, provare amore è un dovere.
Gli Abiku sono quattro giovani di Grosseto che suonano un pop in italiano con riflessi dream, shoegaze e new wave. Cominciamo con il dire che loro hanno le idee ben chiare su quello che fanno, sia per lo stile, sia per il messaggio che trasmettono. Entrando nel dettaglio, gli Abiku sanno comporre canzoni dallo statuto di semplice pop ma che in realtà sono squarci di verità, ombre di emozioni e riflessi di vita filtrati dal loro animo sensibile. E il loro primo disco "Technicolor", autoprodotto e scaricabile gratuitamente (vale la pena dirlo), è qui per dimostrarcelo.
Da subito, l'introduzione imbevuta di riverbero che si trasforma nella giostra psichedelica di “Vieni a vivere con me (quando ti addormenti)” apre un mondo a due facce: una eterea e sognante sorretta dalla mirabile armonia di tutti gli Abiku; l'altra più materiale e simbolica, fatta di oggetti, situazioni, personaggi e desideri che vengono ritratti dall'abile scrittura del cantante e chitarrista Giacomo Amaddii Barbagli, narratore che non sbaglia una parola e per efficacia è alla pari di un altro toscanaccio sopra le righe come Francesco Bianconi.
"Saint-Etiènne”, “Technicolor” e “I Nostri Temporali” sono tre canzoni stupende, ineccepibili per composizione, stile e originalità. I colpi secchi di basso, l'equilibrio della batteria, l'emotività della voce, gli effetti delle chitarre, le evoluzioni delle tastiere e i vari contrappunti fra tutte queste parti: non c'è niente che non sia al suo posto e l'incisività delle parole non evita di farti immedesimare(“Io quando avevo la vostra età stavo male: volevo ciò che non potevo avere, dimenticavo il mio diritto di amare”).
Andando avanti, con la trasversale “Kittinger” si apre un sipario più cupo e nostalgico, dove viene rivelato il cuore sofferente che anima gli Abiku (“Portami dove si vincono le guerre al cinema e il fuoco amico non ci sfiorerà”) e che rimane in primo piano fino a “Televisioni”, l'episodio più riflessivo e critico del disco. In “Canzone Stilnovista” il gruppo dichiara la necessità di praticare una rivoluzione umanistica, nonostante ci si ritrovi sempre a dover “conciliare sentimenti con gli orari”, mentre, con umile gesto di ridimensionamento, il finale quasi beat di “Studio System Blues” svela la confessione segreta di chi vorrebbe ribaltare il mondo, ma dentro culla solo la nostalgia di quello che è stato.
In conclusione, Technicolor è un disco stilisticamente raffinato ed emotivamente sorprendente, perché parla di amore e della sua accettazione, ma non ti lascia a crogiolare nel tuo stato d'animo, dandoti la voglia di gioire della tua vita. E allora è il caso di andare oltre il cinismo de I Cani, il disfattismo de Lo Stato Sociale e il pessimismo dei Fine Before You Came: ora, qui, per vivere meglio c'è bisogno di persone che sanno farti commuovere con la loro felicità e con la ricerca di questa.
"Ricorda di santificare gli errori” cerimonia Giacomo, sapendo che in pectore ognuno è colpevole soltanto davanti a se stesso e deve rendere conto solo all'amore che prova. E gli Abiku questo lo sanno bene: se amare è un diritto di tutti, provare amore è un dovere.
---
La recensione Technicolor di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2012-08-28 00:00:00
COMMENTI