Chi mai direbbe che i Sir Frankie Crisp nascono come cover band di George Harrison? Tutti. Tranne quelli che non conoscono “The Ballad Of Sir Frankie Crisp”, quelli che non hanno mai visto la copertina di “All Things Must Pass”, e quelli che non capiscono chi possa essere il “Mystic maestro” con “his gently weeping guitar”.
I Sir Frankie Crisp, insomma, non sono più una cover band ma non sembrano affatto intenzionati a smettere di seguire le orme del loro padre spirituale. O meglio di ripercorrerle all'indietro, usando le chitarre come una macchina del tempo che riporti a un decennio ideale e idealizzato. Gli anni sessanta della band pugliese sono quelli più colorati e spensierati, i loro Beatles quelli più romantici e solari, il loro George è soprattutto quello di “Abbey Road” (a parte l'indiana “Heaven inside”).
I ragazzi hanno studiato alla perfezione il loro manuale dell'aspirante liverpooliano (“Where Everything Has Your Name” è una vera e propria dichiarazione d'amore per la città), mettendo a frutto quello che hanno imparato con diligenza ma senza pedanteria: ci sono sapienza e attenzione al dettaglio ma anche cuore e sincerità in queste canzoni di una bellezza limpida e graziosa, perfette da ascoltare quando arriva il sole e va tutto bene.
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