Se avete ascoltato "Canzone Perfetta", disco d’esordio de i Dottori, starete probabilmente cercando una parola o un aggettivo che descriva chi non ha un’opinione propria, chi vuole stare un po’ qui e un po’ lì, chi non sa bene che pesci prendere e quindi ci mette un po’ di questo ma anche un po’ di quello. A me è venuta in mente cerchiobottismo. Certo, in musica non c’è partito da prendere e va da sé che mettere insieme cose diverse è spesso la miccia per la novità. Ma non sempre funziona.
“Pastiglia”, la prima traccia, parte con un folk elettrificato (che per altro fa ben sperare) e diventa nel ritornello un pop-rock da discount, peggiorato, se possibile, dal testo: “Ho sempre quel problema lì, prendi una pastiglia sì, perché con la pastiglia tu, ti senti già diverso, puoi sembrare anche normale”. Quale problema? E che pastiglia? Stessa cosa con "L’Artista", cioè pop-rock vagamente impegnato con un testo inverosimilmente ritrito (“Ho chiuso i miei progetti in cameretta, non prendono aria mai, ma non c’è fretta; c’è una valigia nella stanza, io non la disfo mai, non ho speranza”). Poi "Nero" e "Pornonauta", in cui l’impressione è che Le Vibrazioni si siano messi a fare parodie degli Afterhours, mentre con la canzone che dà il titolo al disco ritorna il folk d’autore, che mantiene però una vocalità un po’ dannata che, diciamolo, non guasta mai. Dopo sonorità oscure, spunta con “Dio c’è” un ritmo leggero ed ondulatorio, il solito ritornello schitarrato e l’ennesimo testo pretenzioso ed inefficace (“Dio c’è o non c’è è un fatto di pratica”). Sul finale un’atmosfera acustica ristabilisce una certa semplicità di musica e testo che appare a questo punto il male minore.
Nonostante le tante strade inseguite, i Dottori non riescono a mettere insieme nulla di nuovo. Poco male. Il problema non è il vecchio e già sentito, il problema è scegliere la definizione perfetta per queste canzoni: piatte, irrimediabilmente nella norma, poco gustose, da sbadiglio, senza scossa alcuna; andrebbero bene tutte.
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