Se andassi dove mi porta il cuore, proverei un moto d'innata simpatia nei confronti dei Fermo Immagine, duo emiliano di elettrowave con venature cantautorali, ma, al contempo, citando il mio compaesano Giosuè Carducci: "Or non è più quel tempo e quell'età."
Le 11 tracce che vanno a comporre questo esordio seguono gli stilemi della new wave elettronica di metà anni 80 e non aggiungono niente ad un genere che in questi ultimi anni sta tornando fin troppo di moda. Echi non troppo celati di Battiato, dei primi Litfiba, figli di quel Rodolfo Santandrea che nel Sanremo del 1984, nello splendore dell'era del playback, tirò fuori dal cilindro il pezzo "La fenice", facendomi innamorare della possibilità che in tv ci potessero essere i vampiri. Ala fine del 2012 però, certe lezioni vengono attualizzate oppure affiora la puzza di armadio chiuso per troppo tempo. Alcune basi sono più interessanti di altre, penso a "Ozio", "Quante volte", "L'attesa", "Le nuvole" oppure "Quello che siamo", mentre i testi sono pieni di disagio esistenziale, di decadente romanticismo e cedono a barocchismi fin troppo accentuati.
Questo lavoro presenta più di un problema. Undici pezzi molto simili tra loro sono davvero troppi per un esordio, la voce in più di un passaggio cede a enfasi e ridondanza senza trovare il ritornello giusto. Nel complesso, pur intravedendo del talento, esso viene soffocato dalla patina di polvere che fa sembrare i Bluvertigo all'avanguardia. Serve novità.
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