Quello degli Elevators to the grateful sky è stoner senza se e senza ma. Sei brani granitici di evidentente ispirazione Kyuss, con una strizzatina d'occhio all'hard rock ("Cosmic dust") e al grunge degli Alice in Chains ("White smoke"), un omaggio agli Electric Wizard con "Electric mountain", visioni di vago sapore mistico in "Ganesha". Però...però...però...per quanto si tratti di un primo ep organico e anche abbastanza indovinato, con alcuni brani sicuramente interessanti, i riff, già simili tra loro, sono appesantiti nei suoni dall'onnipresente ronzare del fuzz: diventa difficile ascoltare per trenta minuti sempre lo stesso timbro di chitarra, che rende il disco troppo omogeneo e, di conseguenza, piatto.
Per fortuna il vocalist si sforza di variare le sue interpretazioni passando da un uso della voce più melodico e morbido, a momenti in cui sembra di sentire James Hetfield, creando un minimo di movimento in questo disco altrimenti troppo monolitico. Siamo più trasportati verso la deriva doom dello stoner, lontani dalla brillantezza dei suoni di band come i Queens of the Stone Age.
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