Mettete in fila nel riproduttore "Things.Yes" e "Remixes.Yes" degli M+A. Quello che sembra venire fuori assomiglia molto ad un prima e un dopo. A sentire Alessandro e Michele, il duo di Forlì ora sparso per l'Europa che compone gli M+A, l’intento di questo ep di remix non è tanto quello di rompere, ma piuttosto quello di aggiungere qualcosa in più all’album. Di aggiungere altre cinque tracce al già ricco album "Things.Yes" uscito a novembre 2011 sotto la britannica Monotreme Records. "Remixes.Yes" mette insieme cinque remix di artisti come Nadry, Emay, Polinski, Joycut e una cover di M.I.A., che si ritrovano in questo ep centrifugati al punto da non riconoscersi quasi più. Quello che sembra è che è vero, magari i mondi e i pianeti non saranno proprio distinti, ma non riescono ad essere nemmeno un unicum. Due facce di una stessa medaglia elettronicheggiante, però, sì.
"Things.yes" è abbondanza. Un sabato sera che all’aperitivo dici sì ad ogni brindisi, ché tanto, mal che vada, il giorno dopo lo passi catatonico in pigiama a vedere il ricco palinsesto trash che la televisione generalista propone la domenica pomeriggio. "Things.Yes", anche se tutto sommato riesce a non perdere mai l’eleganza, assomiglia tanto a quelle sere in cui, mentre chiudi la porta di casa alle tue spalle, sai perfettamente quello che ti capiterà. O meglio, non lo sai ma ne hai una vaga idea e ti piace così, perché ogni tanto è giusto avere pochi programmi e violare le regole della scala ascensionale dei gradi alcolici e della musica, che a volte si fa fragorosa e a volte si fa flebile quanto un acchiappa-sogni mosso dal vento.
"Remixes.Yes" è più pulito, assomiglia a un solitario ritorno verso casa o alla mezzoretta di quando a casa ci sei arrivato e te ne stai seduto sul divano con le luci spente a guardare il buio, a pensare che forse al bar sei stato troppo sguaiato, che quando eri più giovane ti divertivi con meno e che forse ti ha pure visto qualcuno mentre ci mettevi due ore ad aprire il catenaccio della bicicletta fuori dal locale. Mentre sei lì, seduto sul divano con le luci spente a guardare il buio, nel mezzo si intersecano sonorità che ricordano il Sol Levante, tastiere e voci suadenti che per certi tratti possono suonare incalzanti, ma altrettanto mantriche quanto un disco new-age ("Here.Now.Here"); un rap cupo e freddo, reso misterioso da mici miagolanti che sembrano provenire dalla strada più sotto ("Takes me back").
I suoni di una città che inizia a risvegliarsi poco alla volta tra campionature, lontani vocii, pianoforti e trombe ("Tangents"), ricordi poco chiari della serata, di una drum machine più ovattata e rallentata, di quando te ne stavi in coda al bagno ("GardenGrey", in odore di "From disco to disco" di Whirlpool Productions) e infine una ninna nanna cantata quasi a cappella, con un incipit di risate e parole di bambini che giocano in un parco virtuale (un’originale e sussurrata "Paper Planes" di M.I.A.) che ti farà definitivamente addormentare sul divano, giusto per poi risvegliarti due ore dopo, grazie alla luce affilata che entra dalla finestra della cucina, ancora vestito e rattrappito per colpa della posizione scomoda.
Gli M+A, ventenni di belle speranze, cominciano a mostrare ciò che avevano tenuto celato con il loro primo disco. Non sanno soltanto aggiungere, con il rischio a volte di stroppiare, ma sanno anche togliere, dando vita a dei pezzi, in questo caso cinque remix, puliti e del tutto rinnovati, tanto da rendere quasi irriconoscibili i brani originali. Alessandro e Michele sembrano due di quei giovani veri, quelli con un sacco di idee, e si sa che quando si ha tanta roba non è facile trovare lo spazio per tutto. A quanto pare il tempo sembra portare con sé il buon senso di saper decidere cosa tenere e cosa no.
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