Havah
Settimana 2012 - Shoegaze

Settimana

Un concept sul tempo in chiave post-cose. Una perla dai suoni sporchi.

"Aspettare per me non è mai stata una questione di pazienza, ma di follia/ in questa stanza non si susseguono attimi, ma stagioni, epoche ed ere/ finché la passo liscia ripeto gli stessi errori come una formula giusta/ se guardo avanti e indietro mi trovo esattamente a metà fra ieri e l'altro ieri."

Poche cose al mondo sono paradossali come il concetto di tempo: inventato per comodità dall'uomo, finisce per ridurlo in schiavitù, con i propri eccessi e le proprie latenze. Creando attese, ansie, preoccupazioni. Lo sa bene il Bianconiglio, che si affretta tra le meraviglie senza nemmeno guardarle. O, più semplicemente, lo sa chiunque si svegli per andare al lavoro, chi è intrappolato nel traffico o nei propri pensieri. E Havah – moniker di quel Michele Camorani che picchia la batteria nei La Quiete – lo sa bene, benissimo. Ce lo dimostra con il suo concept, “Settimana”.

Sette tracce come i giorni. “Lunedì”: la lentezza pur violenta del risveglio affidata a chitarre distorte, tra shoegaze e post rock, fino all'esplosione della batteria. Una voce lontana e immersa nel magma sonoro, soffocata dai propri sogni. “Martedì”: new wave a colazione. Il ritmo è incalzante, il cantato è un accenno che gioca con i propri echi e rimandi. La linea vocale si appiattisce su “Mercoledì”, che rappresenta la sintesi musicale delle influenze che infestano le due tracce precedenti. In “Giovedì” l'oscurità cresce, bassi come fruste senza pietà. “Venerdì” e “Sabato” aprono uno spiraglio, nelle proprie liriche, a blande speranze coniugate al condizionale, l'ascolto non ammette interruzione. “Domenica” è un pezzo post-core che non lascia scampo, una folle corsa che si schianta nel nulla della dissolvenza sonora sul finale.

In un contrasto perfetto con le proprie ritmiche sostenute, i testi raccontano lo scorrere lentissimo degli attimi in un modo che sa essere ricercato senza mai perdere l'immediatezza. Un senso di sospensione attanaglia accordi e parole, sempre sul punto di esplodere, ma trattenuti da una sorta di accidia musicale dalle forme lo-fi. Esprimendo la condizione, a tutti nota, di desiderare qualcosa e non essere in grado di vincere il loop delle proprie azioni. E forse è proprio questo il maggiore dei punti di forza di “Settimana”, una perla dai suoni sporchi.

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