Un nome preso dall’ultimo film che Pier Paolo Pasolini era pronto a girare ma per il quale non ebbe il tempo, un’attitudine che mescola recitativo, sprazzi noise, ambientazioni cupe dove la lingua italiana è protagonista assoluta, è lei che domina la scena e non la musica. Ispirata da Il Teatro Degli Orrori (le somiglianze sono fin troppo lampanti), la band si muove su un palco immaginario creando storie raccontate con enfasi e piglio sicuro, con strutture sonore che sanno bene quando accompagnare le parole, quando sottolinearle, quando esplodere.
“Buio” è il brano più riuscito, dotato di un’energia dosata e di sottili tratti psichedelici che la rendono in qualche modo ipnotica e mutevole, e in sostanza l’intero lavoro non gira affatto male, se non fosse per l’inutilità di base di un gruppo che non ha personalità, che sembra qualcun altro, che ha un debito infinito con Capovilla e compagni: passo volentieri e metto su “Dell’Impero Delle Tenebre”.
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