Capita ogni tanto: stai facendo qualcosa, cerchi in tutti i modi di restare concentrato e invece ti perdi di continuo dietro ad un motivo spuntato dal nulla e che, con innocenza beffarda, non ti lascia più stare. A me è capitato recentemente, in una giornata di sole passata chiusa in biblioteca e la canzone era “Io sono febbraio”.
“Io sono febbraio” è la prima traccia di (Flo)reale, che è il primo album dei I Litio, giovane band piemontese. I Litio fanno pop all’italiana, c’è poco altro da aggiungere, quello che va da Cesare Cremonini a Marcello e il mio amico Tommaso, quello giovanile, non troppo impegnato, un po’ scanzonato, a tratti malinconico, dai contorni morbidi e i colori pastello, melodie semplici e ritmi in controtempo. Il loro lavoro (il pop) i Litio lo fanno con sincerità, si sente: le canzoni ti lusingano, si lasciano ascoltare, solleticano la tua parte più spensierata e in questo funzionano “Io sono febbraio”, “Mi ricorderò di te” sono dei buoni esempi.
Purtroppo, però, i Litio mancano un obiettivo fondamentale, quello cioè di dare spessore alla cose semplici, di restare sul confine che separa una melodia killer da uno scadente motivo pubblicitario o un testo immediato da un testo immediatamente povero. Loro si muovono con poca destrezza su entrambi i lati di questo confine: la produzione sembra spesso improvvisata ("In Africa a Ballare"), le melodie non esplorate a sufficienza ("Soffia"), le immagini belle sprecate (quelle delle paure che si trasmettono di padre in figlio in “Nonno non andartene aL bar”) e la mancanza di idee risulta talvolta eclatante ("L’amore ci strazierà il cuore").
C’è, però, qualcosa da salvare e su cui investire: l’imprevedibile impatto di una genuina attitudine pop, quella per cui la canzone improvvisamente ti torna in testa. I Litio quell’attitudine ce l’hanno. Devono imparare ad usarla.
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