Alice Tambourine LoverNaked songs2012 - Alternativo

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Un esordio di tutto rispetto, tra blues del delta, cantautorato psichedelico e grunge; con una cantante davvero singolare, il cui nome vale la pena di segnarsi.

L’essenzialità del blues, lo stream of consciousness della psichedelia, una vocalità al contempo dolce e sfuggente: questi i tratti principali di “Naked songs”, un disco dal titolo forse non originale ma di sicuro azzeccato. Si tratta dell’esordio degli Alice Tambourine Lover, nuovo progetto di Gianfranco Romanelli e di Alice Albertazzi, già fondatori della band stoner Alix; fa da trait-d’union col passato la produzione della Go Down, etichetta solitamente avvezza a sonorità più muscolari.

Filo conduttore di queste nove canzoni è la chitarra dobro di Romanelli, unico musicista al fianco di Alice, che riesce ad evitare la trappola di un suono troppo scarno e a donare carattere anche a una dimensione strumentale così contenuta. Memore della lezione del Ben Harper degli esordi, certamente, ma anche di quella di Jamie Hince, chitarrista dei The Kills. E proprio alla band guidata da Alison Mosshart rimandano alcune intuizioni degli Alice Tambourine Lover (“Track of you” e “Shall I walk around”, ad esempio).

Per la natura della formazione, poi, è gioco forza che sotto i riflettori finisca soprattutto la voce della Albertazzi, che qui mette in mostra la sua grande versatilità come chanteuse: ipnotica in “Pills of fire”, sognante in “Angels Gone”, uterina nella strofa di “Naked Lady”. Proprio in quest’ultimo pezzo si riflettono nitidamente le due anime vocali di Alice: quella candida, eterea, alla Joan Baez, e quella sporca, intransigente, alla Patti Smith. Scomodiamo grandi nomi, è vero: ma è anche vero che di personalità Alice ne ha vendere, e lo dimostra lungo tutto l’arco del disco.

Presenta invece ancora qualche margine di miglioramento il songwriting, con la band che finisce a volte per essere risucchiata dai propri temi portanti, su cui indugia molto prima di aprire il suono; e sicuramente un’ulteriore ricerca armonica allontanerebbe il rischio della ripetitività, sempre dietro l’angolo quando si sceglie di suonare con un organico ridotto. Ad ogni modo, “Naked songs” è un esordio di tutto rispetto, che rilegge il blues del delta e il cantautorato psichedelico con gli occhi di chi ha amato il grunge e il punk e, soprattutto, svela il talento di una cantante davvero singolare, il cui nome vale la pena di segnarsi.

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La recensione Naked songs di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2012-05-17 00:00:00

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