Mettete da parte tutti i luoghi comuni sul ‘live celebratorio’ e cose di questo genere. Non stiamo parlando di un doppio album che raccoglie “tutti i successi de A Short Apnea in versione live, con due inediti e bellissime foto!”, ma di due mini album dalla natura piuttosto peculiare. Se inzialmente li si potrebbe trattare come due uscite speculari/antitetiche, in realtà sono entrambi il riflesso e la conseguenza di un unico e coerente modo di trattare la materia musicale.
Né “An Indigo Ballad” né “Five Greeny Stages” rappresentano del tutto ‘il concerto degli A Short Apnea’, ma in entrambi i due e.p. il trio opera una selezione e una (eventuale) manipolazione del proprio materiale che rivela una sensibilità e un’intelligenza musicale davvero notevoli.
“An Indigo Ballad” potrebbe quasi essere una composizione ‘d’occasione’: il mini, infatti, fotografa - senza sovraincisioni o montaggi - un’esibizione tenuta in una galleria d’arte di Legnano, nell’ottobre del 2000. Esibizione che gioca sulla costruzione di atmosfere apparentemente ‘statiche’ ma in continua evoluzione, con una strumentazione che si compone di tastiere (organo, piano elettrico), chitarre preparate - di cui si utilizzano più le qualità percussive che quelle armoniche - ed effettistica varia.
“Five Greeny Stages” vede invece l’impiego di una strumentazione più limitata (solo chitarre e batteria, con interventi occasionali di organo, voci e conchiglia) e l’utilizzo di moduli improvvisativi più concitati e ‘selvaggi’, quasi a contrastare con la propria varietà ritmica la varietà invece timbrica del ‘gemello’ . L’unica traccia dell’e.p. è il risultato del montaggio di momenti tratti da quattro diversi concerti (periodo autunno 2000 - inverno 2001).
La ripresa di momenti ‘live’ diventa quindi più che una semplice cronaca, e si articola come la scelta - accurata - di fissare un momento preciso in quanto esibizione ‘isolata’ e speciale o di crearne ex novo uno in una performance ‘impossibile’ perché fatta di momenti lontani nello spazio e nel tempo.
Un ottima maniera per utilizzare il ‘luogo comune’ del disco dal vivo come mezzo per dire (ancora) qualcosa di diverso, senza ripetersi e anzi aggiungendo nuove direzioni a un’idea di musica già di per sé ricchissima di spunti e sorprese.
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La recensione An Indigo Ballad / Fine Greeny Stages di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2002-06-04 00:00:00
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