“Quattro canzoni che sono frammenti di dodici anni di vita”. Si presenta così, l'omonimo disco dei siciliani Poka. Verrebbe da chiedere che vita abbiano fatto, osservando il risultato. Quattro tracce che alternano frasi da diario liceale, dilemmi esistenziali che riportano alla memoria gli struggimenti sentimentali dei Modà, reminiscenze degli indimenticabili Finley.
Un lavoro impalpabile e senza sapori, figlio di cliché ed approssimazioni liriche notevoli.
“Tra la gente maledirò/quando penso che ho fatto ma poi ci ricado nuovamente”. Un esempio estrapolato tra i tanti, a caso. Emblematicamente.
Quattro brani registrati magistralmente, grazie alla collaborazione di uno studio californiano, il cui lavoro si riflette nella pulizia del suono, sempre presente, impeccabile nella modulazione tra voci, chitarre e batteria. Perfetto come un manichino di Zara, verrebbe da dire.
Un lavoro di produzione che però non riesce a celare il peso specifico dell'ep, oscillante tra l'evanescente e il futile, quanto legittimo e sacrosanto, divertissment. Stereotipi di un genere, più indicati per uno spot della compagnia telefonica del momento, che per un reale seguito, un significato nel mondo reale.
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