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Velluto 2011 - Cantautoriale, Britpop, Pop rock

Velluto

12 canzoni incastonate nel filone del brit-pop all'italiana. Ma con un grande difetto (il solito): i testi

Dietro il progetto Colore si cela Mattia Pattaro; di certo non un musicista dotato di fantasia, avendo scelto un nome tutt'altro che originale. Ma devo convincermi che non è compito mio giudicare la singola ragione sociale, bensì limitarmi a parlare di musica. E di fronte a "Velluto" in effetti ce n'è da raccontare: 12 canzoni incastonate nel filone del brit-pop all'italiana, sulla scia di un Daniele Groff qualsiasi e dei Lunapop di "Un giorno migliore". Ma almeno la band bolognese aveva come riferimento gli Ocean Colour Scene, mentre qui i modelli sono band e artisti già ultraderivativi a suo tempo.

Basta solo approcciarsi al primo pezzo, "Temporale", per delineare nettamente i confini entro cui Mattia Pattaro si muoverà: chitarre a là Stereophonics di "Have a nice day" e - purtroppo - liriche "wannabe Cremonini". Ma non è certo questo il brano che riserva le chicche migliori, perché nella successiva "Brucia domenica muori malinconia" potrete ascoltare un verso come: "Chiamami poi, adesso devo trovarmi / verifico, dimentico di pensarmi", mentre in "Se solamente" si esordisce con: "L'autunno cadrà in città, su te che siedi su lei / stagioni e quella sedia con due ruote come farfalle / ricorda ed immagina che tutto ciò che puoi / se solamente tu se solamente io se solamente inverni durassero a metà / se solamente la città fosse più simpatica mi siederei accanto ad ogni tuo consiglio per capirlo meglio". Arrivato a questo punto non ho più il coraggio di andare oltre… ma l’ho fatto per etica professionale e vi assicuro che non troverete certo inaspettati lampi di genio; tutt’al più qualche variazione sul tema, come quando in "Figuriamoci" si sentono chitarre più grosse del solito (ve li ricordate gli australiani Jet? Ecco, qualcosa del genere).

Alla fine dell’ascolto, l'idea ingombrante che mi si fissa in testa è decisamente surreale: Mattia Pattaro fino a qualche anno fa altri non fosse che il ghost-writer di Olmo - e i Dioniso (la band da cui proviene) una copertura ben congegnata. Peccato, perché l’artista veneto sarebbe anche dotato di una bella voce, a tratti persino con delle sfumature che ricordano Francesco Renga, e con un certo gusto per gli arrangiamenti mainstream. Al punto che potrebbe pensare di piazzare qualche singolone pop sui network che contano, ovviamente defilandosi dal ruolo di autore (meglio: paroliere) per trovarsi magari qualcuno in grado di scrivere testi che raggiungano il minimo sindacale.

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