Complesso e raffinato, con una forte tendenza alla narratività, giocato sui silenzi e sul chiaroscuro
Si apre con una rivisitazione di un canto alpino vicentino, “Signore delle cime”, il disco dell'ensamble (ex) strumentale Nova sui prati notturni. Una rivisitazione che loro definiscono “rumorosa”, nel senso che in questo pezzo, come in tutta la loro musica, l'ispirazione nasce dai suoni e dai rumori della natura: le “rilevazioni ambientali” che permeano e attraversano le improvvisazioni di cui la creazione musicale dei Nova si nutre.
Quasi 6 minuti di base ambient, fatta di oscillazioni cosmiche, su cui si innesta il cantus firmus di questo brano popolare: cresce dinamicamente sul finale, ma non risolve, sfociando invece in “Percorsi astrali”, un brano dal gusto più post-rock, supportato da una suggestione percussivo/ossessiva; in “Oggi” la voce della bassista Federica si permea di una sensualità conturbante, riportando alla mente l'espressività raffinata di Andrea Mirò; il brano è strutturato su fatti strumentali che ricorrono ciclicamente, mentre più rabbioso e rock come certi brani dei Noir Désir, è “86”, cantato in albanese, con le chitarre noise e il canto appeso: un episodio a sé rispetto alle atmosfere rarefatte del disco, che ritornano in “Tempo celeste” e “Dodiciminutieundicisecondi”, uno strumentale aleatorio registrato in presa diretta che comprende riverberi e rumori d'ambiente, scintillii e allucinazioni sonore. Molto simile nella resa dell'ambiente sonoro è “Manuel Baldini”, dedicata all'omonimo artista. Il disco si avvia a conclusione con “Malkuth (il regno)”, tratta da un lavoro mai realizzato sui dieci cerchi del mistico ebreo Isaac Luria, fino a “L'orto dei veleni”, trasposizione in musica di una poesia di Aldo Palazzeschi, sussurrata con fare inquietante su musica minimale.
Tutto attraversato da rimandi pittorici, letterari e mistici, “L'ultimo giorno era ieri” apre in continuazione a nuove dimensioni di senso, è musica allusiva, evocativa, che gioca col silenzio che diviene connaturato alla musica stessa, sensuale, con un evidente gusto per la bellezza del suono, un vero incantamento sonoro. Un altro aspetto peculiare di questo disco è la scelta delle mezze tinte, con dinamiche ponderate che non arrivano mai, per esempio, a un fortissimo; si preferisce il valore sensoriale che diventa costitutivo strutturale, nonostante la forma spesso libera ma che riesce a donare un risultato rigoroso, con una sua coerenza interna. Il tempo discontinuo, fatto di attimi, diventa infinitesimale, mantenendo una forte tendenza alla narratività.
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La recensione L'ultimo giorno era ieri (Dischi Obliqui - 2011) di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2012-11-19 00:00:00
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