Dopo 3 singoli disseminati tra l’inverno del 2000 e quello del 2002, Francesco Tricarico esordisce, a dispetto di quanto dichiarato poco tempo fa, con una prova sulla lunga distanza. Perciò non più soltanto singoli, ma un intero album che ci svela le potenzialità di questo strano personaggio.
Quello che al momento abbiamo in mano è quindi un cd di 12 tracce che si consuma in meno di tre quarti d’ora senza particolari sussulti, al punto che ci viene da dubitare in merito all’ispirazione dell’artista parmense. Un po’ come dire che se le filastrocche durano giusto il tempo di una rasatura o poco più, gli ascolti sono anche piacevoli, ma dedicare molto più tempo alla proposta diventa a tratti faticoso. Non a caso, all’aumentare dei ‘play’, il lavoro diventa pesante, visto e considerato che Tricarico concepisce, scrive e realizza le sue canzoni secondo una logica ‘obliqua’. Quando però si sforza di tagliare la dose col pop, il gioco funziona bene (è il caso di “Lavanda”, “La pesca” e di “Io sono Francesco”), mentre nel resto delle occasioni la formula non funziona al meglio perché se il Nostro da una parte cerca di sviluppare una personale ‘forma-canzone’, dall’altra ci sembra affanni in questo tentativo (“Musica”, “Gioia”, “Occhi blu”) di risolvere compiutamente il binomio.
Insomma, Tricarico non (mi) dà più le stesse emozioni dell’epoca dei singoli; non so dire se è un problema mio, ma la sensazione è questo disco soffra di alcune imperfezioni in fase compositiva.
Staremo a vedere, soprattutto nella resa dal vivo.
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