Ho conosciuto i Van Houtens nel 2007 - più o meno le canzoni del demo erano le stesse che trovate in “Flop!” – ero abbastanza convinto che Alan Rossi fosse un mezzo genio (ne sono ancora convinto, dopotutto). Un po' di cose per farvi capire il personaggio: ai tempi mi aveva detto che in realtà i Van Houtens non erano una vera band, non abitava a Londra come segnalava Myspace, e tolto sua sorella che gli dava una mano nei live e faceva cantare i suoi alunni di inglese in “Matala”, tutte le canzoni le aveva scritte da solo in cameretta. Quindi Tosa non è mai esistita (Tosa, quella uscita dal gruppo, gli aveva anche dedicato una canzone per farla tornare, “Tosa Come Back”). Poi, Paris Hilton che indossa una felpa Van Houtens. Quella cosa stupenda del bambino che nell'intro di “Paper Plane” prima chiede ad Alan di raccontargli una fiaba e poi se ha una sigaretta. Mi aveva addirittura dedicato un mini sito (si, a me, solo perché l'avevo recensito) con tanto di foto della mia lapide e altre robe divertenti.
Quando una nota catena di fast food gli diede parecchi soldi per avere “It's a Beatiful day” in uno spot, ecco, ne fui felicissimo. Perchè, in sostanza, credo che Alan Rossi sia formidabile, le cose che scrive può scriverle solo lui. E' un freak, la prima volta che lo incontrai era un incrocio tra Capitan Harlock e un Liam Gallagher capellone, con una giacca verde militare larghissima e una bandiera crociata sulla schiena. E' punk, nel senso della poca riverenza che avevano i Mano Negra verso la musica tutta. E' lo-fi, riesce a fare tanto con poco. Ha una speciale semplicità, tipo le canzoni reggae dei Nofx che ti rimangono in testa per decenni anche se non ne capisci il perchè. Becca il ritornello bello (e lo becca praticamente sempre) e non si affanna se non riesce ad aggiungerci altro. Ha ironia oltre ad una grande fantasia, oltre ad un mondo fatto di malinconie, videogiochi, MTV e siti internet caduti in disuso.
“Flop!” è quindi l'album ufficiale: copertina di Baronciani, video carino e estivo, suoni migliorati e più curati. Un disco serio. Due appunti: con il suono ha fatto solo mezzo passo, si sente meglio ma di sicuro non c'è una vera produzione dietro, e di contro ha perso tutta quell'estetica lo-fi che io continuo a trovare romantica. Poi, ha messo un piccolo freno alle cazzate, ad esempio: il bambino fumatore è sparito, così come tante altre robine stupide. A mio avviso le cazzate servivano a creare una cornice surreale che poteva farti immaginare la tempesta fantastica a cui andavi incontro. La sensazione è di un lieve timore mascherato dal voler fare le cose per bene. Anche solo il fatto di inserire le stesse di cinque anni fa qualche dubbio me lo crea (e non penso si sia fermato del tutto a scrivere, le canzoni di quello split con l'Officina della camomilla, non so sei sia mai uscito, non erano male). Ma, poche storie, le canzoni del demo erano belle, restano belle, e se hanno retto cinque anni vuol dire che meritano. Alan ha talento, continuo ad esserne convinto. Conviene tenerlo d'occhio, ancora.
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