Grazia Negro, per quanto mi riguarda, è una vecchia conoscenza: conobbi la sua musica quando ancora militava ne Il Combo Farango, un ensemble composto da musicisti superlativi che vinse alcuni concorsi ("Voci per la Libertà" e "Ritmi Globali Europei", entrambi nel 2002) a mani basse, per poi sparire dalla circolazione per cause sconosciute.
L'artista pugliese abbandonò la formazione proprio nel 2002, e ritrovarla oggi sulle scene con un disco solista è una vera e propria sorpresa. Non vi nascondo infatti che da "Ragazze forty" mi aspettavo giusto qualche canzoncina carina, mentre alla fine dei conti si rivela un'opera il cui valore cresce con l'aumentare degli ascolti. Certo, lo zampino di Roy Paci (che compare nel ruolo di produttore artistico) ci pare determinante, avendo svolto egregiamente il ruolo di collante fra le diverse atmosfere che troviamo nell'album. Ma, sia chiaro, rendiamo merito a Grazia che dimostra di avere stoffa e se mai i network le concedessero spazi (speriamo ampi) nelle playlist, non ruberebbe alcunché. Siamo nell'ambito del mainstream, senza molti giri di parole, e l'artista pugliese dimostra che potrebbe mangiarseli a colazione i "fuochi fatui" dei vari talent (sì, ci riferiamo proprio a Giusy Ferreri), con la - neppure tanto sottile - differenza che stavolta il talento e la gavetta ci sono davvero e non si esauriscono in un singolo.
In queste 12 tracce di singoli pronti al lancio ce ne sarebbero molti; a cominciare dalla cover di "Mi viene un brivido" dei Denovo in una versione mirabolante da brass-band che dona linfa vitale ad una brano già bello di suo. A seguire il tango macchiato di salento di "Sola cammino", che funge quasi da antipasto a quel riuscitissimo ibrido sonoro di "Pizzicapoeira", uno degli episodi meglio riusciti nel tentativo di coniugare - come suggerisce il titolo - due mondi fra loro apparentemente distanti, dove la produzione di Roy Paci, paracula quanto basta, compie a pieno il suo dovere.
Un'altra traccia che merita infinite attenzioni è il duetto con Mauro Ermanno Giovanardi, una ballata da antologia in cui l'ex La Crus è protagonista di una performance canora eccellente, come non ricordavamo da tempo, tanto da augurarci che la collaborazione non si limiti esclusivamente a questo episodio ma preveda sviluppi futuri. L'ex Combo Farango si cimenta poi con un pezzo ("Se tornasse caso mai") reso famoso da Mina, e anche qui non sfigura. Così come non sfigura quando mette da parte le atmosfere frizzanti (che occupano circa i 2/3 del disco) e interpreta canzoni più intimiste, "Rimesto enigmatico" e "Caschi indifferenti" su tutte (entrambe ripescate dal repertorio de Il Combo Farango).
Insomma, tutto (o quasi: l'unica pecca è l'arrangiamento reggaeton di di "Sola è la terra") funziona più che bene. Adesso siamo già in attesa di sentire il capitolo successivo.
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