Bello l’inizio di “A40”, esplosivo e carico di pensieri che dalla notte si proiettano nel mattino ancora tiepido e senza progetti di sorta, una bomba elettronica che mescola tonalità cupe e percorsi fantascientifici, drum machine tonica e snervante che sveglia e trascina. Giusti gli effetti, un pezzo riuscito, soundtrack ottimale per giorni lontani da una prospettiva e in continua lotta coi desideri.
Proseguendo non si perde mai il mood, l’ambiente si fa sempre più aperto e gli obiettivi distanti, e noi puntini in un deserto di ricami da dancefloor, con farciture eighties e gestualità robotica, non possiamo fare altro che battere le mani e cadere mollemente tra le braccia del suono. Tiratissima “Earthquake”, assolutamente new wave nelle intenzioni e futuristica nel risultato, si risolve in un rapido viaggio intergalattico mentre balliamo su Marte, e non ci importa del resto, se non rilassarci per un momento con “Fear” che aggiunge voci ipereffettate e rende tutto morbido, teneramente epico, come conquistare l’orizzonte e non fermarsi, come un mattino ancora tiepido che in potenza è sempre gioia assoluta.
Dark e quasi gotica “Sirius”; mentre ti passi la mano nei capelli e cerchi di inquadrare il foglio bianco, arriva “Say Hello To Devil”, inizi a scrivere qualcosa, il giorno prende colore, le galassie ti aspettano: e nella interminabile struggle between right or wrong, l’importante è non perdere mai il mood.
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