Un bambino (o una bambina, forse) con un cappello, che guarda con due grandi occhioni il mondo che gli si aprirà davanti. Così ingenuamente da sapere già come andrà a finire - come andrà finire, questo mondo, ragazzi? -, così attonito nel vederci così grossi e forse anche finti, ma così consapevole di sapere che le sue possibilità sono possibilità, mica utopie. Forse.
È una copertina bellissima quella che illustra il dischetto degli Ottavogiorno. E probabilmente la cosa più bella.
Dediti al rock nell’accezione più ampia del termine, infatti, questi cinque ragazzi - pur con capacità tecniche non miserevoli - confezionano cinque brani che purtroppo peccano in originalità. Caratterizzato da una formula fortemente influenzata dall’hard-rock, il quintetto filtra la composizione e l’esecuzione delle proprie canzoni con un approccio che varia dal metal al rock melodico. È perciò grazie (o forse a causa) di queste caratteristiche che i pezzi qui proposti risultano ben suonati, ma privi del feeling empatico, la visceralità o il quid che li renderebbe accattivanti.
Citiamo quindi gli episodi migliori che rispondono al titolo di “Sublimazioni”, un pezzo che oscilla fra l’hard funk, il crossover e il metal caratterizzato da reminescenze Red Hot Chili Peppers e la successiva “Esco”, uno stranito rock/pop/power metal con un ritornello ispirato.
Troppo poco, dunque. Il nostro consiglio, per il futuro, è quello di lasciare un po’ da parte l’accademia per dedicarsi completamente alla selvaggia creatività che – magari – è ancora rinchiusa dentro testoline urlanti, dando magari più attenzione alla produzione e alla ricerca del suono, che in molti casi risulta banale.
E guardatelo negli occhi, cari Ottavogiorno, quel bambino che avete messo in copertina: quelle sue stesse possibilità non mancano di certo a voi.
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La recensione ep di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2002-07-15 00:00:00
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