Dal post-rock di ieri ai fragori sintetici di oggi. La meglio gioventù del genere
“Every stop is just another start”, cantava tempo fa, latitudine Italia vs Mondo, qualcuno. Che poi dovrebbe essere regola, o addirittura protocollo fisso, di ogni giovane band che si rispetti. Macinare chilometri a colpi di nuovi inizi. D’altronde nel limbo ci finiscono le anime senza forma alcuna. E dalla finitezza, si sa, se ne sfugge solo con coraggio e palle dure.
I ragazzi de La Biblioteca Deserta devono averlo ben chiaro. Tanto più che, dopo un esordio che seguiva la scia strumental-melanconica di Explosions In The Sky e compagnia bella (capace, tra l’altro, di ritagliarsi apprezzamenti, nella sua nicchia di genere, anche oltreconfine) non sarebbe stato da tutti guardarsi negli occhi e rimettere a zero l’abaco. Alle prese con quel post-rock da materia contorta e povera d’attenuanti. Dove, se ci riesci, rimani dentro, altrimenti stai fuori a tirar giù quattro arpeggi, asciughi le lacrime e tronfio te ne torni a casa.
“Ever Pride, Ever Power, Ever Peace”, è invece il migliore another start che potesse capitare in mezzo al percorso della band di Monopoli. In prigione senza passare da quel via che era fatto di stiloserie e nervi scoperti da english rain. Adesso, l’orizzonte è una macchia scura di synth e drum machine. Se ne perde in romanticismo, se ne acquista in resa e potenza. “Troubled Kids” è il manifesto programmatico, giù di melassa sintetica e sfarzi cosmici, con un sound che ne esce raddoppiato e pregno di fragore. Diversa ancora l’anima di “Adaptive Memory” che, come “Cage” e “We Were The Future”, fa da ponte tra quelle chitarre morbidezza di ieri e certi vestiti elettronici di oggi. Non in tutti i momenti però le linee si intersecano nel punto giusto, e se c’è un difetto, è che a tratti sembra si abbia a che fare con pezzi di un unico, grosso, colore. Manca una natura prettamente schizoide e malata, che sporchi tutto e in meglio. Per il resto, abbiamo tra le mani una band che a giudicare dalla strada intrapresa, ha ancora molto da farci ascoltare.
A me ricordano degli Aucan fermi in attesa di imboccare lo svincolo giusto e poi esplodere, tutto d’un tratto. E così è quest’album, un tassello in più nella costruzione di quella che è la loro identità. Ma un tassello pesante, con la spinta giusta, e che probabilmente spazza per coraggio ogni altra giovane band del genere sulla piazza. Teniamoli d’occhio.
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La recensione Ever Pride, Ever Power, Ever Peace di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2012-09-20 00:00:00
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