TREREMOTO TREREMOTO 2012 - Rock, Blues, Alternativo

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Un wannabe-Kyuss in italiano, soffocato da un'eccessiva pesantezza esecutiva.

"Ho sempre amato il deserto. Ci si siede su una duna di sabbia. Non si vede nulla. Non si sente nulla. E tuttavia qualche cosa risplende in silenzio." (Antoine de Saint-Exupéry - Il piccolo principe)

L'immaginario dei Treremoto si potrebbe riassumere in un solo fotogramma: il deserto. O meglio, il deserto californiano. Il deserto meta ciclica dei viaggi lisergici di Jim Morrison. La Palm Desert culla per eccellenza dello stoner. Il deserto a forma di deserto. A perdita d'occhio. Scenario in cui i Treremoto si muovono con dimestichezza, pescando influenze e ispirazione da entrambi i versanti, oltre che da una certa scena progressive italiana, Le Orme su tutti. Formazione senza il basso, si dividono equamente tra episodi più concitati e momenti dal mood più lento e blueseggiante.

"Dentro il deserto" attacca con un riff un po' "Muori Delay", un po' "If Only Two", presto tramutato in un gioco di richiami tra le note alte dell'organo e il sostegno della chitarra sulle frequenze basse, per poi sfociare in uno riuscito momento di sincronia voce-chitarra. Poi una coda strumentale e si lascia spazio al pezzo più incisivo del disco: "Corvi". Incipit lento e scandito da arpeggi liquidi su cui si distende una voce caustica e intensa. Liriche di un amore distonico, disilluso, culminante in una spietata ammonizione: "Ricorda bimba che se allevi i corvi prima o poi ti caveranno gli occhi", riscrittura del famoso proverbio.

E sono i testi, apparentemente semplici ma sempre sull'orlo della decadenza e della visionarietà, il maggior punto di forza di questo disco. Non che a livello strumentale ci siano gravi pecche. E' un disco suonato bene, a volte in maniera eccessivamente scolastica, ma la sufficienza la raggiunge a pieni voti. L'organo pervade prepotentemente l'atmosfera come una coltre solenne di suono, mentre intorno assistiamo a un continuo rincorrersi di cambi di ritmo e alternanza tra momenti incalzanti e ritrovate placidità. Eppure i pezzi appaiono come tutti intrisi della stessa tinta, tendenza che raggiunge l'apice ne "La nuda danza del sesso", che sembra (volutamente?) una continuazione del pezzo precedente, e finisce per appesantire l'intero finale del disco. E penalizzare anche quell'ultima traccia più sperimentale e trasognata, in cui il muro di suono si sfalda e si desatura, lasciando però la propria eco a rimbalzare tra le tempie e rendere difficile il godimento dell'orizzonte di pace che s'intravede aldilà delle macerie.

Il punto è questo, ed è un'avvertenza necessaria: "Treremoto" non è un disco brutto, è un disco pesante. E non si tratta di quella pesantezza connaturata allo stoner. E' una pesantezza sfiancante, quasi schematica. Non insinua dubbi sulla competenza dei tre musicisti, ma alla lunga il tutto rischia di risultare soffocante. Un film che magari meriterebbe anche la visione, ma che va sicuramente degustato nel momento e nel mood adatti. E al quale ad ogni modo un po' di leggerezza e fantasia in più certamente non farebbero male.

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La recensione TREREMOTO di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2013-03-22 00:00:00

COMMENTI (1)

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  • GretelsRevenge 11 anni fa Rispondi

    le dune del deserto come onde sinusoidali. e non sei mai solo lì in mezzo, c'è molta più vita di quello che pare. basta saper cogliere le vibrazioni giuste: quelle dei treremoto.