John Keats sosteneva che se la poesia non nasce con la stessa naturalezza delle foglie sugli alberi, è meglio che non nasca neppure. Ed è proprio questo che fa Alessandro Fiori: scrivere poesie senza pensarci, con una naturalezza ed una purezza che oggi in Italia andrebbe protetta come valore in estinzione. Dopo averci fatto sognare con alcune canzoni del suo esordio solista "Attento a me stesso" ed abbandonati quei Mariposa che lo avevano consacrato ad artista a tutto tondo, Fiori diventa ora adulto in tutti i sensi, non solo musicalmente, ma anche per la recente paternità che sembra aver inciso sulla sua visione del mondo. Certo, conserva la sua indole da menestrello stravagante ed imprevedibile, ma libera definitivamente il suo spessore cantautorale, costruendo l'ennesima raccolta di fiabe surreali. Come se Bukowsky scrivesse canzoni per Gino Paoli insieme a Miyazaki. Come se Lucio Dalla andasse in jam session di scrittura con De Andrè dopo aver incontrato Gianni Rodari. Paragoni enormi, impossibili, da prendere con le dovute cautele.
Rispetto al precedente disco, "Questo dolce museo" abbassa il ritmo, la giostra rallenta i giri, la schizofrenia svanisce quasi del tutto. I suoni restano più controllati. Le atmosfere diventano molto più intime, riflessive, paterne. E tutte le canzoni viaggiano come un corpo sonoro più compatto ed equilibrato.
Alessandro regala undici tracce in cui centrifuga frammenti di poesia con le sue storie di vita vissuta, amalgamando malinconia, romanticismo, decadenza, estro e dolcezza. Inventa, conferma, una forma narrativa tutta sua, spesso stratificata in più chiavi di lettura, non sempre comprensibile a primo ascolto. Un approccio cantautorale che sa cullare e coccolare con effusioni acustiche, evocando anche ambienti musicali più ruvidi e sbilenchi, fino a sconfinare in micro-fughe elettroniche.
L'ispirazione non sempre è all'altezza e talvolta le canzoni si chiudono in una autoreferenzialità esistenziale che viaggia oltre il confine della noia, ma quando Fiori apre il respiro e comunica con semplicità popolare, le canzoni diventano commoventi e l'emozione stringe lo stomaco per intensità poetica e potenza emotiva. Insomma, pur con qualche caduta, Alessandro Fiori, ancora una volta, si dimostra bravissimo, importante. Se avete bisogno di canzoni, venite a frugare con pazienza nel suo dolce museo, potreste trovare la poesia di cui avete davvero bisogno.
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