Le capre a sonagli devono essere dei tipini per niente a posto con la testa. Partiamo dal nome, Le capre a sonagli, che ci vuole un certo fegato per darsi della capra da soli. E il disco “Sadicapra”: come leggerlo? “Sa-di-capra”? Oppure “Sadica-pra”? La “musica della transumanza” poi, non s'è mica capito esattamente dove vuole andare a parare. Qualcuno dice che facciano stoner, e non si può dargli torto visto le evidenti influenze dei Queens Of the Stone Age, ma anche dei successivi Them Crooked Vultures. Però c'è anche un pizzico d'Italia (oltre la scelta della lingua). E anche tanti ingredienti d'atmosfera presi un po'da tutto il mondo. Per capire bene davvero questo disco bisogna sezionare tutte le tracce una a una.
L'apertura “La capra e il bastone” è un intro di chitarra acustica, banjo, flauti e armonica, quasi a fare un viaggio dai deserti statunitensi ai boschi della mitologia greca; la seconda “Caronte” svela già un aspetto più scuro e inquietante che emergerà pian piano nel disco, a dipingere scenari di riti pagani tra casse da morto, gambe rotte e anime bestiali; stesso tono per “La triste mazurka della morte”, una danza resa macabra dai cori di attraenti e pericolose sirene. Il primo singolo estratto dall'album è “Note d'amor”, un folk da saloon americano, seguita da “Elefante” che avanza quasi al passo del pesante animale del titolo, prima di esplodere psichedelicamente nel finale. Due i pezzi strumentali, “Pirata della strada”, dalle ritmiche spezzate, e “Fuori dal cono”, un ragtime sporco di polvere da sparo su cui grugnisce una bestia non meglio identificata. Lascio volontariamente per ultimi i due brani più fuori della produzione, ovvero il garage punk di “Dove you go”, volutamente lo-fi ma tremendamente coinvolgente, e la chiusura “Ringo”, che esplode a sorpresa in un ménage elettronico. Cosa c'è di italiano? Non si può fare a meno di pensare alle atmosfere maligne evocate da Vinicio Capossela, quando indossa il vestito da caprone satanico e canta pezzi come “Brucia Troia”, con tutte le sue influenze greche, tzigane e più in generali mediterranee.
Insomma, nel complesso, un disco da scoprire e da gustare, non di certo adatto a tutti. Unico appunto da fare a Le capre a sonagli riguarda la produzione che sacrifica quasi completamente la comprensione delle parole, senza le quali tutta quest'atmosfera rischia di non spiegarsi completamente.
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