Vol. 2, la conferma: di una notevole maestria nella sottile arte del riciclo creativo. Pop italiano, rock inglese, tanto amore per gli anni sessanta e testi originali.
“Vecchi sotto al sole siamo nati e vecchi sotto al sole ce ne andremo andremo su Madre i vestiti di mia madre sanno di storia e ci piacciono di più Padre gli occhiali di tuo padre sopra le rughe ci piacciono di più”. Fatevene una ragione, facciamocene una ragione: viviamo nell'era del riuso. Possiamo intristirci e vivere in un culto passivo dei classici perché tanto niente può più essere inventato, oppure possiamo divertirci a smontare e rimontare, a tagliare e incollare, a leggere e riscrivere, a ravanare negli armadi di mamme, papà, nonni e zii, a guardare avanti camminando all'indietro, ad andare avanti guardando indietro, a – visto che (forse) non si può inventare – re-inventare. I Thegiornalisti hanno scelto la seconda strada, e la percorrono col passo deciso di chi dalla sua ha un'arma invincibile: le canzoni.
Classiche, solide, belle canzoni, costruite con la sapienza creativa di chi la storia non la studia ma la usa come ispirazione per altre storie, di chi sa come usare tutti i materiali, cosa tenere e cosa buttare, di chi di primo acchito ti sembra che suoni “vecchio”, ma invece basta un attimo per capire che i veri vecchi questa musica non la capirebbero. Basta ascoltare i testi, attuali e surreali. Basta immaginarsi di vederli a Sanremo, e rendersi conto di come ci stonerebbero su quel palco, con le loro melodie così italiane eppure così poco scontate, coi loro arrangiamenti così anni sessanta (ma non solo: “Guido così” va ancora più indietro, “Cinema” riprende gli echi strokesiani di “Vol. 1”) eppure per niente antichi.
E però quanto ci piacerebbe vederli davvero a Sanremo, sentire il beat e il brit e le chitarre indie e il jazz da balera e i cantautori, il rock e il pop, i Beatles e Battisti e Sergio Caputo e i Lunapop e tutto quello che risuona in questo disco, ci piacerebbe perché tutti dovrebbero capire che si può ancora fare del pop, del vero pop, senza essere vecchi - né dentro né fuori - anche senza inventare, solo riusando quello che c'era già. Basta farlo bene, e loro lo fanno molto bene.
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La recensione Vecchio di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2012-09-26 00:00:00
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