New wave ed elettronica per un disco che conquista subito e promette molto bene: gradevole sorpresa nel pieno di un mattino ordinario.
Come repentini cambi di tempo che ti sorprendono a mezze maniche e non puoi fare altro che contare i brividi, questa bomba new wave esplode nel pieno di un mattino ordinario e interminabile, segnandone il passo con vigore e piacevolezza: linee di basso solide e portanti, elettronica a servizio della trama sonora senza essere mai protagonista, due voci che si mescolano molto bene in un insieme dove la donna è forza lieve ed eterea e l’uomo tensione oscura.
“Soulsearching” parte sulle tracce dei Bauhaus con una sorta di inquietudine rabbiosa giocata su suoni energetici e una sezione ritmica incalzante, e “No Moleskine” procede su binari di potenza nervosa che conquista al primo ascolto: approccio dirompente, e saltano gli schemi di un giorno qualunque che acquista nuove prospettive. Più cupa e sintetica “Forever Is Just For A While”, che si muove nel freddo di decadi passate, senza abbandonare mai il piglio strutturato e deciso presente in ogni brano, con innesti di dolcezza dreamy tra ostacoli electrodark, mentre l’ipnotica “Sex! We Can” inizia ad allungare il minutaggio che nell’ultima parte dell’album supera ampiamente i sei minuti per ciascun pezzo, senza però risultare mai eccessivo o indigeribile.
“Bring The Cold War Kids Home” si apre gotica e triste per portare nuvole cariche di pensieri suggestivi e ormai dimenticati, quasi pop e ballabile “Lost In Texture”, e nulla è mai come sembra: continui agguati dietro ogni riff pronti a mutare il mood, a cambiare accento, a rendere la materia più fluida e leggera per poi tornare rocciosa e concreta, un divenire costante che non smette mai di sorprendere, e che fa di “Cases Of Bluntness” uno dei più interessanti dischi di esordio di quest’anno.
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La recensione Cases of Bluntness di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2012-11-08 00:00:00
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