I Seaside Postcards colorano con innesti molteplici e differenti una trama fatta di new wave e anni ottanta.
Pesaro oscura che germoglia sapidi frutti, tra postpunk, dark e inquietudine, chissà perché: forse il sole là brilla in modo diverso, proiettando al suolo ombre più lunghe, distorte, ispirate. Non so. So che i Seaside Postcards si inseriscono nell’antologia della provincia marchigiana con un sound che riprende moltissimo gli stilemi eighties e le sfumature new wave, ma vi aggiunge respiro ed energia; di malinconia o spleen, francamente, non c’è traccia.
Trovo decisamente più percepibile una sorta di rabbia, filtrata attraverso chitarre presenti, veloci passaggi in treno immersi in panorami desolati col desiderio di scendere per cambiarli, una spruzzata di industrial soffocante nel finale che non guasta affatto e rende anzi “Transition” uno dei pezzi più riusciti, tirato quanto basta e potenziale hit di successo per traversate notturne.
L’apertura trascinante e quasi postrock di “JK” inizia con un discorso del filosofo Jiddu Krishnamurti che dice: “We have had hope; we have had faith… All that hope and faith have no meaning at all, because what is important is what we are”: la speranza e la fede sono la Storia, il passato, ora conta ciò che siamo, questo il messaggio di un lavoro che si muove tra atmosfere decisamente cangianti, con “General” e il suo riff orecchiabile, la sezione ritmica ossuta e assolutamente à la Cure di “Washing My Tears Out”, il piglio livido e asciutto e postpunk di “The Mall”.
Un ep valido, ricco di spunti interessanti che pur correndo su binari comuni si spostano tra influenze differenti, a comporre un mosaico di grigio, raggi trasversali che illuminano ma non scaldano, anni ottanta e giochi d’ombra pesaresi.
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La recensione Hope and Faith di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2012-10-17 00:00:00
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